Secondo Grant Thornton, la seconda metà dell’anno si apre ad un rinato ottimismo (+14%) con il 57% delle imprese fiduciose sulla ripresa economica per i prossimi 12 mesi. Ancora caute le previsioni sui ricavi e la redditività a causa di condizioni di finanziamento deboli e carenza di ordini
Dopo il forte calo dell’ottimismo registrato nei primi sei mesi, che ha toccato il livello più basso dalla crisi dell’Eurozona del 2011-2012, torna a crescere l’ottimismo economico nella seconda metà dell’anno (+14% rispetto 1° semestre 2020) con il 57% delle imprese fiduciose sulla ripresa economica per i prossimi 12 mesi. Seguono il trend globale l’Italia, che registra un +10%, con il 33% delle imprese positive sull’andamento dell’economia, e l’Europa dove l’ottimismo cresce del +7%, pur restando ancora significativamente sotto la media del 2019 (47%) con solo il 36% di imprese positive.
Questo, in sintesi, il quadro che emerge dall’ultima edizione dell’International Business Report (IBR) del network di consulenza internazionale Grant Thornton, ricerca effettuata a livello globale sui dirigenti di circa 10.000 imprese del mid-market presenti in 29 Stati.
Un clima di rinnovata fiducia, che l’analisi Grant Thornton attribuisce soprattutto ad un miglioramento considerevole delle aspettative di investimento e di esportazione. Più di un terzo delle imprese prevede di far crescere le proprie esportazioni nei prossimi 12 mesi (+34% contro il +25% del 1°semestre 2020), un segnale di positività che si riflette in un numero maggiore di imprese che hanno pianificato di incrementare i propri ricavi dai mercati internazionali. Degna di nota è la performance italiana con la percentuale di imprese ottimistiche sull’export raddoppiata rispetto al 1° semestre 2020, (32% vs 16%), resta invece più moderato il dato europeo (24% vs 19%).
L’indice di ritorno all’ottimismo risiede anche nelle aspettative di sviluppo degli investimenti, di cui i più significativi riguardano quelli nelle costruzioni (+32%), in impianti e macchinari (+38%) e nell’incremento del personale qualificato (+45%).
Tuttavia, a causa degli effetti devastanti della prima e seconda ondata della pandemia, permangono delle criticità con cui le aziende si trovano a dover fare i conti, per cui si rileva ancora una certa prudenza soprattutto riguardo alle aspettative sui ricavi e i profitti. Sebbene il 45% delle aziende prevede nei prossimi 12 mesi un aumento dei propri ricavi (+11 punti percentuali sul primo semestre), il dato rimane al di sotto dei livelli pre-Covid del 2019 (caratterizzato da un valore medio superiore al 50%). Guardando alla redditività, si allarga considerevolmente il numero di imprese che ne stima una crescita per il 2021, passando dal 32% al 44% del secondo semestre 2020, ma anche in questo caso la percentuale di crescita resta inferiore alla media storica. In Europa la percezione sulla redditività si mostra piuttosto debole rispetto alla media globale, con solo il 29% delle aziende positive. Anche per l’Italia il dato è analogo (28%).
A destare maggiore preoccupazione è il peso dell’incertezza economica sullo sviluppo del business. Dopo il forte picco di incertezza registrato nei primi sei mesi a causa dell’esplosione della pandemia, si assiste infatti ad un miglioramento solo marginale (-4%) del numero di aziende che identifica l’incertezza come vincolo aziendale (62% la percentuale nella seconda metà dell’anno rispetto al 66% del 1° semestre). L’Italia si mostra in linea con il trend globale (61% vs 68%), mentre l’Europa si assesta al 55% (vs 59%).
Tra i fattori percepiti come di maggior impedimento alla ripresa vi è ancora la carenza di ordini, identificata come vincolo al business dal 52% delle imprese (55% nel 1° semestre 2020). Il calo di soli tre punti percentuali rispetto al 1° semestre, dà in parte giustificazione alle previsioni ancora così deboli sui ricavi, a dispetto di un balzo molto forte dell’ottimismo. La criticità delle condizioni di finanziamento resta un problema per il 46% delle aziende, che la ritiene un vincolo, in modo del tutto invariato rispetto alla prima metà dell’anno. Un ulteriore ostacolo è rappresentato dai costi del lavoro, dichiarati anch’essi come vincolo dal 50% delle imprese (49% nella prima metà dell’anno).
Dopo l’enorme sconvolgimento sul mercato del lavoro provocato dalla pandemia di Covid-19 nei primi mesi del 2020, torna a salire il numero delle aziende che prevede di assumere nuovo personale nel prossimo anno, passando dal 28% del primo semestre dell’anno al 38% del secondo semestre, il che dimostra come le imprese siano tornate a guardare avanti ad un futuro più promettente. L’ottimismo traspare anche dai risultati dell’Italia (dal 21% al 26%) e dell’Unione europea che mostra una tendenza molto simile a quella italiana (dal 20% al 26%). Sull’aumento dei salari, lascia ben sperare una crescita non indifferente delle imprese che, a livello globale, prevedono di aumentare lo stipendio dei propri dipendenti nel prossimo anno, salendo dal 61% del 1° semestre al 72% del 2° semestre 2020.
Il sentiment delle aziende in termini di impatto del Covid-19 sull’andamento del business, è pari al 44% il numero delle imprese che si aspetta una diminuzione dei ricavi nel prossimo anno, in discesa di oltre 20 punti percentuali rispetto al 1° semestre 2020. La maggior parte delle imprese, circa il 31%, prevede un calo dei ricavi inferiore al 20%, mentre solo l’1,5% ipotizza un calo pari (o oltre) il 50%. È incoraggiante notare come sia addirittura raddoppiato il numero delle imprese che prevede un impatto positivo sui propri ricavi, che corrisponde a circa il 36%, contro il 18% del 1° semestre 2020.
Nella seconda parte dell’anno, continuano ad aumentare le imprese che hanno intrapreso, o iniziato a pianificare, misure strategiche in risposta alla pandemia. Su scala mondiale, il 39% delle aziende ha incrementato l’utilizzo della tecnologia nella propria organizzazione e ad ha aumentato le misure di sicurezza interne all’azienda. Circa il 34% ha intrapreso una pianificazione delle risorse necessarie per il rilancio e il 31% ha iniziato a identificare i prodotti/servizi, clienti e mercati target su cui focalizzarsi in vista dei piani di investimento futuri. La crisi da Covid-19 ha inoltre sensibilizzato le imprese sulla necessità di saper affrontare le nuove sfide per il mantenimento della leadership aziendale (circa il 18% delle imprese italiane, 27% europee e 29% globali) e ha messo in luce la necessità di sapersi adattare al cambiamento delle abitudini dei consumatori o delle dinamiche competitive del mercato (Italia 16%, Europa 23% e 30% mondo).
L’implementazione delle misure di sicurezza sul posto del lavoro e l’adeguamento ai nuovi protocolli normativi anti-contagio, insieme all’utilizzo della tecnologia, restano tra le azioni prioritarie in vista del rilancio dell’attività riferiti dalla percentuale più alta delle imprese, pari a circa il 39%.
“L’ultima edizione dell’IBR Grant Thornton – commenta Alessandro Dragonetti, Managing Partner & Head of Tax di Bernoni Grant Thornton- mette in luce una rinata fiducia delle imprese che, nella seconda parte dell’anno, sono tornate ad essere ottimiste, seppur con un atteggiamento ancora cauto, verso il possibile ricrearsi di quelle condizioni favorevoli al rilancio del business, con un nuovo slancio verso i mercati internazionali. Permangono però ancora alcune criticità, come le preoccupazioni sull’adeguamento alle ultime normative e gli ostacoli burocratici nella gestione delle procedure anti-contagio, oltre ad importanti debolezze strutturali come si evince dai margini di sviluppo ancora deboli sui recavi e sulla redditività. Al fine di sostenere la crescita, anche nell’ottica di un possibile ulteriore inasprimento causato da un nuovo lockdown generalizzato, è fondamentale continuare a concentrare le proprie risorse sui fattori di competitività individuati dalle imprese e sulla pianificazione di strategie prioritarie, quali: la corretta identificazione di clienti/prodotti/mercati target, l’adozione di tecnologie innovative e sicure, la programmazione degli strumenti per affrontare la competitività dei mercati, ma anche il saper cogliere la sfida dell’evoluzione dei nuovi trend di consumo”.