Capolavori dell’Italia che Risorge dal 24 ottobre 2020 – 18 aprile 2021 a Padova Palazzo Zabarella, LE DONNE DELLA “MACCHIA”. Indipendenza e forza della figura femminile
I Macchiaioli già nell’800 seppero vedere oltre; il loro sentire profondo e umano è esaltazione di ogni singolo attimo di vita quotidiana, esaltazione di ogni singola emozione umana. La loro rivoluzione non fu soltanto artistica, ma profondamente etica e sociale: liberi e spavaldi nel loro nuovo modo di concepire la realtà e soprattutto la società, i Macchiaioli furono anche uomini del risorgimento con alti ideali politici e sociali. Con la loro pittura volevano rivoluzionare la realtà in cui si trovavano a vivere, dettando nuovi parametri basati su libertà, anticonformismo e indipendenza. Cominciarono a rappresentare gli eventi quotidiani di vita con la stessa dignità con cui prima venivano rappresentati i grandi eventi storici. Ed ecco quindi come anche i valori familiari cominciano ad avere un grande rilievo e la donna diventa fondamentale nella loro analisi quotidiana, quasi figura centrale in un’epoca in cui proprio non ce lo si sarebbe mai aspettato, epoca nella quale le erano precluse molte attività considerate solo maschili.
Personalità schiette e ribelli, irriverenti e libere nei confronti di tradizioni e convinzioni, i Macchiaioli andarono contro tutti e tutto inneggiando quasi alla loro condizione di miseria ed elevando la donna al ruolo che le spettava: grande dignità e profonda fiducia nella vita in quel gruppo di artisti così fuori dal comune.
Fu proprio Telemaco Signorini a spingere Anna Franchi, attivista e giornalista d’arte ammessa nel 1900 all’Albo dei giornalisti di Milano preceduta soltanto da un’altra donna (Anna Kuliscioff), a scrivere le memorie del movimento artistico dei Macchiaioli. La notizia della cosa fu accolta subito da tutto il gruppo con grande entusiasmo; vedevano forse in questa pubblicazione una sorta di rivincita sul sistema che li aveva sempre messi da parte.
“Se Lei farà questo libro, mi sarà di consolazione più di una croce, perché queste saranno le parole di un’amica” Le disse Fattori. Nel 1902 Anna Franchi diede alle stampe “Arte e artisti toscani dal 1850 ad oggi” ma Signorini purtroppo non potè leggerlo né vedere il grande apprezzamento che riscosse nel pubblico: morì infatti l’anno precedente.
“I Macchiaioli parlano di una donna forte e consapevole, indipendente e coraggiosa. Anticiparono i tempi con il loro modo di vedere la figura femminile…così libera dalle convenzioni, così indipendente e forte sia essa di estrazione umile o di alto lignaggio” dichiara il Presidente Federico Bano. La donna macchiaiola è la donna colta che li ha sostenuti come Isabella Falconer. La nobildonna inglese, tipica rappresentante della raffinata ed intellettuale colonia britannica residente in Toscana, era titolare di un salotto intellettuale nella sua villa della Falconiera a Collegigliato, presso Pistoia, dove Signorini fu introdotto dall’amico anglista Enrico Nencioni. Isabella, in virtù del suo carattere spregiudicato e del moderno aggiornamento culturale alle tendenze più evolute dell’arte e della letteratura, guarda con interesse alla pittura naturalista e inizia ad acquistare i dipinti di Telemaco Signorini, il più ‘europeo’ dei pittori dell’entourage macchiaiolo, comprandogli alla Esposizione Nazionale di Firenze del 1861 la Cacciata degli austriaci dalla borgata di Solferino, cui seguiranno Castiglione delle Stiviere, La mattina sui monti, Interno del Bargello, Due piccole vedute d’Arno e Un mattino di primavera, quest’ultimo uno dei quadri più lirici e impressionisti dipinti dal pittore. Artista per diletto, Isabella nel settembre del 1862 domanda a Signorini di impartirle lezioni di pittura, consolidando un rapporto che proseguì anche dopo la sua morte, dal momento che Telemaco in occasione del suo viaggio a Londra del giugno 1884 venderà a sua figlia Adelina Falconer due quadretti.
Fiorella Favard de l’Anglade, donna elegante e di notevole cultura, fa ritorno a Firenze col nome di Fiorella Favard e seguendo i consigli dell’amica Isabella Falconer si interessa alla pittura dei Macchiaioli, la cui modernità ben si sposa al suo carattere dinamico e curioso, nonché aperto alle novità del panorama artistico contemporaneo. La vivacità intellettuale della Favard emerge infatti dall’acquisto di un’opera che può considerarsi un autentico incunabolo della ‘macchia’, “Il merciaio di La Spezia” che Signorini dipinge nel 1858 e che la baronessa compra non appena è esposto alla Promotrice fiorentina del 1859. Si fece affrescare la villa di Pistoia da Boldini (affreschi di paesaggio staccati ora esposti al museo di Pistoia).
Silvestro Lega rimane folgorato dall’affascinante quanto eccentrica bellezza muliebre di Titta Elisa Guidacci, dalla personalità forte e spiccatacome traspare dal monumentale ritratto che il pittore le dedica e che troneggia ora in mostra a Palazzo Zabarella. La figura femminile appare effigiata in tutto il classico decoro della sua dignità aristocratica, con in mente i modelli degli astrali ritratti del Bronzino.
Maria Ottavia Vettori Medici, donna colta e raffinata, educata alle arti dallo zio Luigi Tempi Marzi Medici, erudito studioso di estetica, fa mostra di un carattere volitivo e indipendente, amministrando in modo autonomo i suoi numerosi possedimenti fondiari e rivelandosi molto attiva in seno ai centri della sociabilità fiorentina. Il suo salotto nel palazzo Tempi sul lungarno è aperto al ‘gotha’ dell’aristocrazia, della finanza e della cultura; nel momento in cui la Marchesa è nel pieno della sua affermazione sociale e mondana si evidenzia il suo legame con Cristiano Banti, il quale, nato di umili origini contadine, ne eredita la grande fortuna essendone probabilmente, come confesserà egli stesso a Boldini, figlio naturale.
Nel dipinto di Elisa Fabbroni Silvestro Lega cattura l’anima dolce, ma al contempo emancipata e turbolenta, della nobildonna: evoca quasi l’essenza vitale interna che fuoriesce dal dipinto, da quegli occhi lucenti e vivi che Lega riesce ad immortalare quasi in una fotografia dell’anima.
Caso molto particolare quello di Teresa Fabbrini: Diego Martelli la conobbe in una casa di tolleranza, se ne innamorò a prima vista e la portò con sé nella sua villa di Castiglioncello strappandola ad un destino non troppo felice. A partire quindi dal 1864 Teresa ha abitato nella sontuosa villa di Martelli occupandosi della gestione pratica della grande proprietà dimostrando grandi doti pratiche e relazionali, gestendo persino i rapporti con i Macchiaioli che erano spesso ospiti in Villa. Fu sempre molto rispettosa nei confronti del marito anche se la sua cultura non le permetteva di partecipare alla vita intellettuale dei Macchiaioli. Questa scelta affettiva così alternativa costò a Martelli molte critiche, in particolare quelle di Signorini che arrivò addirittura ad allontanarsi non sapendo vincere il pregiudizio nei confronti di questa donna così semplice da poter apparire quasi insignificante. Teresa veniva chiamata la “signora Gegia” e nei suoi confronti Martelli dimostrò eterno amore e devozione. Al contrario di Signorini, Zandomeneghi le dedicò un celebre dipinto intitolato “La lettrice” e Abbati uno splendido ritratto. Fu proprio lei che accompagnò quest’ultimo in ospedale quando si sentì male e purtroppo morì poi per un morso di un cane. In un altro capolavoro di Giovanni Fattori, che si trova ora al Museo Civico di Livorno, è rappresentata sdraiata su una chaise longue su uno sfondo di una pineta. Signorini non la amava e se ne allontanò mentre gli altri macchiaioli la apprezzarono molto per le sue doti umane che sopperivano alla mancanza di cultura. “Una donna colta e di alto lignaggio fieramente indipendente cui fa da contraltare la donna umile e di estrazioni contadine anch’essa ampiamente esaltata nelle opere macchiaiole. Donne immortalate da questo gruppo di irriverenti artisti in ogni momento quotidiano, nell’importante ruolo di madre e compagna instancabile; donne operaie, mondine e acquaiole, donne che sono fondamenta della vita dell’uomo e della società” – dichiara Fernando Mazzocca. “Le “Gioie materne” di Banti del 1885-1886 e la “Ragazza che dà da mangiare ad un’anatra”, le “Acquaiole” di Fattori e “Gli sposi novelli” di Lega ben esprimono il valore e la dignità della Donna Macchiaiola, autonoma, forte e volitiva. La vera rivoluzione dei Macchiaioli oltre al loro nuovo modo di dipingere e trasmettere la realtà sta nel loro nuovo modo di pensare, libero da pregiudizi, da stereotipi vecchi come il mondo” – continua il curatore Mazzocca. “Uomini d’azione e di vero valore, che seppero mettere al centro la figura femminile: la donna macchiaiola è forte, autonoma, libera, dinamica e volitiva di qualsiasi estrazione sociale essa sia. E’ IL PERNO DELLA FAMIGLIA, IL NUCLEO CENTRALE DELLA VITA DELL’UOMO” – conclude Mazzocca.
I Macchiaioli andarono contro le regole dell’Accademia liberandosi di pregiudizi, generalizzazioni e stereotipi, pesante bagaglio di secoli di storia. Questo probabilmente li portò ulteriormente nell’occhio del ciclone: anticonformisti e spavaldi, eressero la donna a simbolo di vita, forza e perno esistenziale del mondo maschile. Che questo possa aver scatenato ancor più l’opinione pubblica e causato la loro ulteriore demonizzazione?
La Donna macchiaiola assume un ruolo cardine nella vita dell’uomo…che questo possa aver inasprito ancor di più gli animi del tempo? Potrebbe anche questa essere una ulteriore spiegazione del perché furono inizialmente derisi e svalutati.