Sai qual è il detto più celebre nelle terre di Yamato, un Paese davvero lontano lontano? Cadi sette volte, otto volte ti rialzi.
Lo conosce bene Daruma, un bambino tondo e liscio come un’anguria che non si scoraggia mai e rotola in lungo e in largo alla ricerca di ciò che lo rende felice. Lo conoscono Momotarō, Urihime e Imotarō, amici inseparabili costretti ad affrontare i terribili Orchi Dentoni a colpi di frittelle, e pure il Bambino di Fango, che per realizzare i suoi sogni finisce per creare il Monte Fuji.
Nelle terre di Yamato vivono tante creature straordinarie, ma ancora più straordinari sono i racconti che vi si narrano. Demoni capricciosi, principesse innamorate e volpi dagli starnuti potentissimi, in questo libro per tutta la famiglia Laura Imai Messina dà vita a tante fiabe che si intrecciano alle antiche tradizioni giapponesi, parlandoci in un modo poetico e originale dei temi più importanti: il valore dell’amicizia e del coraggio, la ricerca della felicità, il potere delle storie, ma soprattutto l’importanza di non arrendersi mai.
“C’è una trama fittissima di richiami alla tradizione giapponese, a giochi di parole, a proverbi, a fiabe antiche e moderne – dice l’Autrice Laura Imai Messina. – Ho mescolato oriente e occidente seguendo l’insegnamento di wa 和, il kanji che significa “tutto quanto è giapponese” ma anche “armonia”, nel senso di mischiare e accordare cose anche molto diverse. In fondo, però, era il divertimento che doveva avere la meglio. Leggere una storia, amarla dall’inizio alla fine, sorprendersi nel trovarla allacciata a tutte le altre, ripetere anche un’onomatopea nuova, pronunciarla magari ad alta voce, sentire la voglia di saperne di più. Così, alla fine, si torna all’inizio, al desiderio di scoprire tutto quel sottotesto che è sotto, sì, ma basta poco a ritrovare. E goro goro cos’è? Il giapponese, che fa dell’onomatopea un linguaggio nel linguaggio, possiede un’espressione perfetta per indicare del “tempo passato a godersi il tempo che passa”, con la giusta lentezza e un abbandono psico-fisico degno di quello dei bimbi: ごろごろ goro goro, per l’appunto. «Fare goro goro» significa allora non fare nulla, rilassarsi, godersi il tempo che passa in completo relax. Ma non solo. Goro goro è qualcosa di grande e pesante che rotola via, uno stomaco vuoto che protesta, il rimbombo del tuono, le fusa del gatto. Goro goro era, insomma, il titolo perfetto per intendere la fantasia.”