A due anni dall’ultimo ciak, mercoledì 27 ottobre alle ore 18 viene proiettato, in anteprima, negli spazi del PalaCinema di Locarno, la videoinstallazione su tre schermi di Giuliana Cunéaz I Cercatori di Luce. L’opera filmica della durata di 30 minuti dà anche il titolo alla mostra, a cura di Valentino Catricalà, che presenta, insieme a fotografie e video di backstage, una serie di abiti creati appositamente dall’artista evocando quanto compare sullo schermo. In tal modo, cinema e teatro si fondono creando un’opera d’arte totale di forte coinvolgimento. La rassegna e le proiezioni proseguono sino al 14 novembre trasformando il PalaCinema in un luogo magico: “Questa è la mostra della ripartenza dopo il periodo buio della pandemia ed esprime le potenzialità di uno spazio polifunzionale a disposizione della città, ideale per accogliere un grande evento espositivo realizzato da un’artista che ha saputo utilizzare la tecnologia come strumento di carattere poetico e sociale”, afferma Roberto Pomari direttore del PalaCinema. La scelta della sede, del resto, non è casuale e proprio in questi spazi è nato nel 2019 il film realizzato con la coproduzione di CISA, Conservatorio Internazionale Scienze Audiovisive, diretto da Domenico Lucchini. Che spiega: “Siamo particolarmente affezionati a I Cercatori di Luce, un’opera che ha aiutato molti nostri studenti, futuri operatori del cinema e della televisione, a crescere professionalmente. Con Giuliana c’è stata un’immediata sintonia rispetto ad un progetto originale e coraggioso che ci proietta verso un futuro sconosciuto dove l’opera d’arte assume i contorni della profezia”.
Concepita prima che la pandemia sconvolgesse le nostre vite, I Cercatori di Luce appare come un’opera premonitrice, di forte attualità, che s’interroga sul destino del pianeta messo gravemente in pericolo. Quello creato da Giuliana Cunéaz è, infatti, un grande affresco sul potere rigenerativo della natura attraverso il lento percorso che conduce dalle tenebre alla luce sviluppato nell’ambito di un’indagine dove il tempo non è solo narrazione, ma presa di coscienza. Come scrive Catricalà nel saggio in catalogo “I Cercatori di Luce apre uno spiraglio nuovo nell’arte contemporanea, che trascina il video e le sue prosecuzioni, verso uno stadio di integrazione fra l’apparato digitale, il 3D e quello corporeo dell’attorialità performativa.
L’artista utilizza il 3D dagli inizi degli anni Duemila, ma in questa circostanza i personaggi reali interagiscono con le immagini virtuali all’interno di un lavoro corale, di carattere immersivo, dove sono presenti continui riferimenti alla performance, alla danza e al teatro: “Nella mia videoinstallazione si attua uno scambio di energie partendo dall’idea che la Terra è corpo vivente. Le tecnologie dialogano con attori e ballerini nell’ambito di un lavoro che vuole intercettare il cambiamento e, non a caso, i costumi che ho creato fanno riferimento ad una realtà multietnica”, sottolinea Giuliana Cunéaz che nell’opera filmica ha coinvolto l’attrice spagnola Angela Molina, celebre per le opere con Luis Buñuel, Pedro Almodóvar, Ridley Scott, Giuseppe Tornatore e Marco Bellocchio che in questo caso diventa il tramite tra le forze celesti e l’energia terrestre. Con la Molina il paesaggio nanomolecolare in 3D ispirato ai concetti della fisica quantistica, diventa lo scenario sul quale intervengono anche gli altri artefici de I Cercatori di Luce tra cui Aida Accolla, ex prima ballerina della Scala (è stata a fianco di Rudolf Nureyev) che dopo molti anni è tornata alla danza rigenerando, attraverso le sue movenze, la natura e Aurora Talarico, la più giovane modella a sfilare per Valentino. Un ruolo di primo piano, poi, è quello di Giulia Staccioli (interpreta un personaggio che si pone in relazione con la memoria e la classicità), regista, coreografa e fondatrice dell’Accademia Kataklò, la compagnia italiana di danza acrobatica che ha partecipato all’opera attraverso il coinvolgimento di molti dei suoi ballerini. Insieme allo storico dell’arte e presidente della Fondazione Burri Bruno Corà presente all’interno del cast in un ruolo inedito, partecipano al film gli attori Mohamed Ba, Barbara Caviglia, Paola Corti, Andrea Damarco, Valeriano Gialli, Stefania Tagliaferri. Le musiche originali sono state realizzate da Paolo Tofani, celebre chitarrista e compositore che ha fatto parte degli Area (International POPular Group), tra i più sperimentali gruppi internazionali degli anni settanta.
Nell’ambito della mostra, accanto alla proiezione, compaiono gli abiti ideati per i personaggi del film disposti su strutture che potrebbero ricordare automi tecnologici. Gli abiti non sono semplici accessori, bensì vere e proprie opere d’arte create dall’artista con la medesima metodologia che ha visto nascere i paesaggi nanomolecolari. L’abito di Angela Molina, per esempio, evoca le incrostazioni di forme minerali viste al microscopio elettronico; quello di Aurora Talarico è composto da molteplici e intricati fili dorati che acquisiscono gradatamente un ordine molecolare; il mantello di Bruno Corà reca il disegno di microrganismi. Si crea, dunque, una forte sinergia tra gli elementi, indipendentemente che il punto di partenza sia organico o virtuale.
Alla realizzazione dei costumi e al progetto espositivo, ha collaborato NABA, Nuova Accademia di Belle Arti, con il Triennio in Scenografia diretto da Margherita Palli, mettendo a disposizione l’esperienza dei docenti e la professionalità degli studenti.
La mostra si avvale della partnership tecnologica di EMME SA.
In occasione della rassegna è stato realizzato un catalogo in italiano e inglese pubblicato da Armando Dadò editore dove, accanto all’intervento del curatore, compaiono testi di Lorenzo Bruni, Chiara Canali e Sabrina Zannier insieme ad un’intervista all’artista di Ilaria Bernardi.