Dall’11 dicembre al 27 Febbraio, Palazzo Pretorio porta a Prato 22 artiste internazionali per la mostra Hi Woman! La notizia del futuro a cura di Francesco Bonami e promossa dal Comune di Prato.
“Con questa mostra ancora una volta il Museo di Palazzo Pretorio si interroga sul tema del dialogo tra i molti contemporanei possibili, tra passato e presente” dichiara Rita Iacopino, direttrice del Museo di Palazzo Pretorio.
“Vogliamo continuare ad offrire ai nostri visitatori un’occasione di riflessione e nuovi spunti di lettura del nostro Patrimonio”, dichiara Simone Mangani, Assessore alle politiche culturali del Comune di Prato.
Così Palazzo Pretorio con la sua eccezionale collezione accoglie 22 artiste contemporanee ognuna con una propria annunciazione da rivelare agli spettatori: Huma Bhabha, Irma Blank, Koo Donghee, Marlene Dumas, Isa Genzken, Jessie Homer French, Roni Horn, Jutta Koether, Andrew LaMar Hopkins, Maria Lassnig, Babette Mangolte, Lucy McKenzie, Aleksandra Mir, Susan Philipsz, Paola Pivi, Maja Ruznic, Jenny Saville, Fiona Tan, Genesis Tramaine, Andra Ursuta, Marianne Vitale, Lynette Yiadom-Boakye.
22 donne non per rispettare una correttezza politica scontata ma per sottolineare la centralità del soggetto femminile nella narrazione antica e contemporanea.
22 artiste che contemporaneamente sono nel ruolo dell’angelo e della Vergine, che contemporaneamente sono portatrici e destinatarie di una rivoluzione astratta, simbolica e profondamente concreta.
“Hi Woman! La notizia del futuro è la trasformazione Pop del saluto dell’angelo Gabriele a Maria proiettato nella contemporaneità. Non è una mancanza di rispetto, d’altronde lo stesso Gesù nel Vangelo non chiama sua madre mai Madre, Mamma o Maria ma “Donna”. Non c’è tema più noto nella storia dell’arte dell’Annunciazione. L’Angelo che dà notizia alla Vergine del futuro che arriverà attraverso Gesù. Al di là della connotazione religiosa del soggetto il tema dell’annunciazione è intrinsecamente legato all’arte da sempre”, spiega Francesco Bonami, curatore della Mostra.
Attraverso la pittura, la scultura, il video ed il suono le 22 artiste invaderanno il museo mettendosi in dialogo con le opere della collezione permanente, trovando a volte una sintonia a volte creando cortocircuiti potenti e carichi di stimoli per il pubblico. Annunciazione è una parola che contiene molteplici significati che toccano la realtà della nostra socialità e comunicazione e al tempo stesso rimandano ad una delle pietre angolari della cultura occidentale.
Le artiste in mostra ci annunciano messaggi diversi, misteri lontani e realtà vicine, ognuna con un lavoro potente e significativo capace di sostenere il confronto ed il dialogo con i maestri dell’antichità.
L’opera d’arte è l’angelo e lo spettatore la Madonna, pronto ad abbandonarsi allo sconcerto, alla meraviglia e alla paura della notizia che riceverà.
L’opera d’arte porta con sé sempre una notizia, un messaggio .
Francesco Bonami Curatore della mostra
Che uno creda o non creda poco importa. L’annunciazione a Maria dell’angelo Gabriele della sua gravidanza rimane, reale o meno che sia, un’immagine cardine dell’iconografia di una buona parte del genere umano. Maria si trova depositaria del futuro del mondo. La Vergine si assume la responsabilità di dare alla luce il redentore Gesù senza però potere condividere il piacere di questa responsabilità. Si potrebbe dire che la sua verginità misteriosa è anche frutto di sospetto da parte di chi la circonda e quindi per lei fonte di senso di colpa.
Una condizione che la donna ha sopportato per un’infinità di tempo. Creatrice assoluta senza mai poter avere il credito di questa sua immensa creatività.
Volendo essere un po’ blasfemi è come se la madre di Maradona non fosse mai potuta andare allo stadio o non avesse mai potuto vedere una partita del figlio alla televisione.
Gabriele, l’angelo, arriva e non le dà scelta. Una mancanza di scelta che poi nella storia della società umana diventa una condanna ed una tragedia. Tragedia che dall’Arabia Saudita all’Afghanistan continuiamo ad osservare impotenti ed inadempienti.
Hi Woman! il saluto aggressivo che Gabriele rivolge alla Madonna è il titolo della mostra organizzata a Palazzo Pretorio, museo che custodisce meravigliose annunciazioni.
Questa mostra si guarda bene dal voler essere una mostra sulla donna, sul femminismo o politicamente corretta. È semplicemente una mostra con 22 artiste che anagraficamente sono nate donne. Condividono quindi soltanto un destino.
Le loro vedute sono tutte di natura diversa, la loro arte tutta coniugata in modi diversi e non necessariamente femminili. Essere artista è esattamente la condizione opposta a quella della Madonna. È una scelta, non un’imposizione. Non arriva un angelo che senza convenevoli dice “Hey tu, da domani sarai un artista“.
L’essere artista è a differenza della maternità una condizione che non ha nulla a che fare con la biologia o il destino. Gli artisti tutti, di qualsiasi orientamento sessuale siano, vorrebbero essere capaci di dare alla luce il loro redentore, ossia l’opera d’arte che può cambiare il mondo.
È quello che provano a fare le artiste in mostra. Le loro opere sono tentativi, embrioni, che fanno parte di un processo di trasformazione che accompagna l’artista tutta la vita. La vita di un artista, non importa quanto lunga sia, è una gravidanza infinita.
A Palazzo Pretorio non ho voluto cercare un dialogo, inevitabilmente impari da una parte e dell’altra, con le opere del museo. Ho provato a costruire, pur sapendo che è una contraddizione in termini, la casualità di un incontro. Opere che s’incontrano casualmente e scoprono sempre casualmente di avere qualcosa in comune. Non tanto dal punto di visto estetico o di contenuti ma di sensibilità. Incontri che non necessariamente si trasformano in relazioni.
Le opere del museo sono gli abitanti di un villaggio, radicati nei loro contesti e nelle loro abitudini. Le opere della mostra sono viandanti che arrivano e ripartono. Ma in questo arrivo, in questo soggiorno e in questa loro ripartenza trovano l’occasione di aggiungere qualcosa al villaggio e portarsi via qualcosa per il viaggio che continueranno a fare.
L’arte è questo continuo scambio. L’arte antica che anela di essere liberata dalla storia e l’arte contemporanea costantemente alla ricerca di una dimora fissa e di una sua storia.
Hi Woman è il saluto di chi arriva e di chi accoglie. Nel saluto c’è l’energia della scoperta e il germe della delusione, il timore di non trovare quello che uno cerca e il timore del dover ripartire. Che poi è il costante copione di ogni vita.
La mostra, una piccola mostra, è stata pensata come un esercizio di ricerca di un’intimità perduta, quella stessa intimità che Gabriele toglie a Maria per sempre scaraventandola al centro del mondo in cambio di nulla. Nel saluto dell’Angelo c’è tutta la storia umana. L’uomo che impone la sua decisione senza possibilità di contraddittorio e la donna che viene beatificata con il dono della creazione ma privata della sua libertà di scelta.
Le opere d’arte in mostra dimostrano che però libertà e creazione possono convivere assieme alla libertà di scegliere il modo e le modalità di come esprimersi al mondo. Attraverso il corpo, il gioco, la famiglia, la morte, il canto, la danza, la felicità e purtroppo anche il dolore.
Le “ANNUNCIAZIONI” di Rita Iacopino Direttrice Museo di Palazzo Pretorio
L’Arcangelo Gabriele e Maria. Con loro inizia una storia affascinante, carica di speranza, che ha accompagnato credenti e non alla ricerca di un Dio vicino, calato sulla terra. Un racconto fatto di parole, di gesti, di intimità, di sorpresa, di dubbi, di luce. Un racconto che ha ispirato il mondo dell’arte come pochi altri, suscitando in tempi diversi emozioni e immagini perfettamente coerenti alla loro contemporaneità.
Sono nove i dipinti esposti nel Museo di Palazzo Pretorio che hanno per soggetto l’Annunciazione; si tratta di opere che vanno dalla metà del Trecento alla fine dell’Ottocento ed esaltano con particolari caratteristiche e in maniera differente le emozioni della narrazione.
La raffinata Annunciazione dipinta intorno alla metà del Trecento da Giovanni da Milano in una delle due predelle del maestoso polittico con la Madonna, il Bambino e Santi esprime una pittura di luce. Sono passati poco più di vent’anni dalla stupefacente Annunciazione dipinta da Simone Martini nel 1333, conservata alle Gallerie degli Uffizi e il riferimento è quasi scontato. L’Annunciazione pratese è però più intima e l’atmosfera è più reale, con l’Angelo che inonda di luce la stanza dove la Vergine è intenta a leggere, seduta davanti al leggio riccamente decorato alla maniera dei maestri cosmateschi. Resta intatta la poesia nel gesto del ritrarsi, appena accennato, che esprime un’esitazione, un dubbio, la sua umanità. La sorpresa, quell’attimo di esitazione che precede il sì incondizionato al disegno divino, è il filo conduttore, ma anche l’idea intrigante, che ha ispirato gli artisti nei secoli. Se poi questo evento così sconvolgente è ambientato tra le mura domestiche diventa, per contrasto, ancora più stimolante.
La pittura murale realizzata intorno al 1420 dai fratelli Miniati al primo piano del Palazzo Pretorio ci racconta proprio questo, l’annuncio del futuro è consegnato dall’angelo all’interno delle mura di una camera, squarciando quella normalità di Maria, che d’ora in poi non sarà più la stessa.
E proprio la consapevolezza della speranza che si concretizza nell’incarnazione del Figlio di Dio anima le scene delle Annunciazioni dipinte nei medaglioni o nelle cuspidi nei polittici tardo gotici di Lorenzo Monaco, Andrea di Giusto e Mariotto di Nardo: ognuna di esse sta a ricordare l’incipit, quella Madonna in trono tra i Santi non è altro che la fanciulla sorpresa dall’angelo nella sua intimità, che ha creduto, prima di tutti, in un progetto di speranza.
Il piccolo e raffinato dipinto di Filippo Lippi e bottega, in cui la perfetta adesione ai canoni prospettici rinascimentali riporta l’evento in una dimensione più che mai terrena, ripetuto in più versioni, è l’esempio di quanto questo soggetto fosse richiesto per la devozione privata.
I dipinti di Giovanni Bilivert e di Giovan Domenico Ferretti mettono in evidenza ancora una volta la ricostruzione domestica dell’evento: nel primo la scena è equilibrata e rispecchia pienamente i dettami artistici della cultura fiorentina del primo Seicento, in cui la raffinatezza e il senso teatrale della rappresentazione si sposano in una composizione misurata e didascalica: Maria, distolta dalla sua quotidianità, accoglie l’angelo e accetta in modo remissivo l’annuncio, non mostrando più quell’impercettibile agitazione, improvvisa e violenta, provocata dalla visione angelica. Il Ferretti, un secolo dopo, aumenta l’enfasi del messaggio, lasciando a pochi particolari, tra cui la magnifica cesta di panni, il richiamo all’intromissione casalinga dell’angelo che, qui come nel Bilivert, non è da solo, ma chiama a testimoni del momento altre gerarchie celesti.
Infine il sublime cartone tardo ottocentesco di Alessandro Franchi riporta l’Annunciazione in un’atmosfera serena, guidato dalle interpretazioni di Beato Angelico e di Lippi, dando prova di una tecnica superba. Gestualità e ambientazione si rifanno alla pittura del Quattrocento, ma Franchi la reinterpreta dando vita ad una composizione dall’atmosfera sospesa, con tempi fotografici.