Martedì 1° marzo alle ore 18.30 MEET Digital Culture Center, il primo Centro Internazionale per l’Arte e la Cultura Digitale nato a Milano con il supporto di Fondazione Cariplo, inaugura con il contributo di Fondazione Fiera Milano il progetto espositivo “C’è tanto spazio laggiù in fondo” di Giuliana Cunéaz, tra le artiste più rappresentative della new media art.
Il percorso espositivo visitabile sino al 2 aprile, ideato appositamente per il Centro, esplora le possibilità creative che emergono dall’intersezione tra arte, scienza e tecnologia, tema che rappresenta un asse portante nella programmazione di MEET, anche quale modalità di approccio volta a scoprire e a rendere evidente attraverso linguaggi innovativi ciò che non è immediatamente visibile.
Il progetto prende spunto dal titolo della conferenza pronunciata nel 1959 dal fisico americano Richard Feynman al Caltech (California Institute of Technology) di Pasadena There’s Plenty of Room at the Bottom, divenuta celebre per le intuizioni geniali e visionarie sulle potenzialità delle nanotecnologie.
Nell’opera di Giuliana Cunéaz la scienza è il fulcro intorno al quale avviene un processo di trasformazione. “Il percorso espositivo di Giuliana Cunéaz si pone in relazione con la scienza, in particolare con il mondo delle nanotecnologie, svelandola in una maniera artistica e poetica”, afferma Maria Grazia Mattei, Fondatrice e Presidente di MEET. “Attualmente stiamo assistendo al forte impatto che hanno sull’arte le evoluzioni della scienza e il linguaggio digitale attraverso cui è possibile dare forma a un immaginario creativo capace di emozionare e trasmettere un senso di scoperta e di meraviglia. Giuliana Cunéaz si pone in relazione artistica con il digitale utilizzando gli strumenti tecnologici più avanzati, osservando le dimensioni della scienza e restituendoci un’interpretazione personale con un’opera profondamente evocativa”.
Le nanotecnologie sono utilizzate dall’artista per esplorare mondi nascosti e invisibili facendo intravvedere relazioni tra il mondo fisico, il mondo digitale e l’espressione artistica. “Nel nanomondo si possono osservare forme straordinarie e imprevedibili come simmetrie cristalline, delicati orditi, strutture geometriche o immagini naturalistiche”, spiega l’artista. “Mi piace pensare che in ogni microgrammo di materia sia contenuta tutta la complessità dell’universo e immedesimarmi nell’improbabile sogno di un atomo”.
In questa esposizione Giuliana Cunéaz compie un viaggio tra mondi sconosciuti provocando un senso di continua meraviglia, permettendo un costante dialogo tra materiale e immateriale.
L’esposizione al MEET è articolata nelle tre Gallery del primo piano e culmina nella Immersive Room attraverso un percorso che presenta una serie di lavori particolarmente significativi in grado di delineare le fasi salienti della ricerca sviluppata da Giuliana Cunéaz nell’ultimo decennio.
La prima gallery ospita Neither snow nor meteor showers (Né neve né pioggia di meteoriti), un’opera rielaborata per l’occasione che si espande sulla parete attraverso vari tipi di strumenti: animazione 3D, segno pittorico e stampa digitale.
La seconda gallery è dedicata a Matter waves unseen e allo screen painting. Se in Neither snow nor meteor showers pittura e video sembrano integrarsi, nella wunderkammer il video 3D centrale coabita con la scultura sviluppando un processo unitario che passa dall’oggetto virtuale alla forma tridimensionale e viceversa. Questa nuova wunderkammer continua a meravigliare lo spettatore del XXI secolo che si trova di fronte a forme ispirate da elementi molecolari o polimeri, rielaborate come fossero simulacri della memoria, frammenti di una civiltà scomparsa. Di fronte a Matter waves unseen è collocato lo screen paintingMicrocrystals dream, un nuovo lavoro realizzato appositamente per quest’occasione ispirato ai microcristalli dove l’artista ha compiuto un gesto provocatorio intervenendo direttamente sullo schermo con il pennello.
La terza gallery rappresenta un’apertura verso l’opera immersiva I Cercatori di Luce; qui lo spettatore può conoscere la storia della sua realizzazione attraverso immagini di backstage.
La Immersive Room (che nei mesi scorsi ha ospitato con grande successo Renaissance Dreams, l’installazione di Refik Anadol e Enter the Plastocene di Tamiko Thiel e /p) è dedicata a I Cercatori di Luce, un’opera in 3D di mixed media art che sintetizza i linguaggi di cinema, danza, teatro e performance. L’opera (è stata presentata nei mesi scorsi in anteprima al PalaCinema di Locarno) si sviluppa su una superficie di 200 metri quadrati creando un forte coinvolgimento emotivo. L’artista ha creato il proprio Metaverso trasformando ogni ambiente in un’esperienza olistica e dando vita a immagini di nanomondi: il paesaggio nanomolecolare diventa lo scenario nell’ambito del quale attori, ballerini e performer compiono azioni tese a modificare il contesto. L’opera rappresenta lo strumento per interrogarsi sul nostro stare al mondo di fronte ad un sistema dove la sostenibilità ambientale è stata messa in grave pericolo. Si crea, dunque, un grande affresco sul potere rigenerativo della natura attraverso il lento percorso che conduce dalle tenebre alla luce. L’opera ha tra i suoi protagonisti la grande attrice spagnola Angela Molina che ha recitato con registi quali Luis Buñuel e Pedro Almodovar, che interpreta il ruolo di una creatura in bilico tra la dimensione terrestre e quella celeste. Vi partecipano anche Aida Accolla, ex prima ballerina della Scala, Giulia Staccioli, coreografa, regista e fondatrice di Kataklò Athletic Dance Theatre, la modella Aurora Talarico e lo storico dell’arte Bruno Corà. Le musiche sono di Paolo Tofani, chitarrista e compositore che ha fatto parte degli Area, tra i più sperimentali gruppi musicali degli anni Settanta.
Durante tutta la durata dell’esposizione sono previsti laboratori, visite guidate e incontri con esperti e critici d’arte. In occasione di Artweek, il 1° aprile viene proposta una perfomance live con i giovani talenti dell’Accademia Kataklò a cui seguirà un talk tra Giulia Staccioli, fondatrice di Kataklò Athletic Dance Theatre e Aida Accolla, ex prima ballerina della Scala.