Fino al 15 maggio 2022 al Castello di Miradolo (TO), la mostra che segue il corso delle stagioni e accompagna il trascorrere del tempo, che muta prospettive, colori, luci e ombre, come un giardino. Il progetto espositivo, distribuito nelle sale storiche del Castello e nei sei ettari del Parco all’inglese che lo circondano, è stato immaginato come un cammino ideale lungo un anno dove le opere in mostra cambiano con il variare delle stagioni.
Nella sua inedita e ultima veste, quella primaverile, saranno esposti nuovi modelli e disegni pomologici di fragole, albicocche, mele e pere, in tema con la stagione, di Francesco Garnier Valletti, ultimo ineguagliato modellatore e riproduttore di frutti artificiali, artigiano, artista e anche scienziato, e il “Tappeto natura – Cavolo canario” di Piero Gilardi. I tappeti natura riproducono fedelmente scenari naturali con intento ironico e polemico: l’artista prende spunto dalla pop art statunitense, in particolare le creazioni di Claes Oldemburg, per denunciare l’intervento dell’uomo che ha trasformato la natura in realtà asettica e del tutto artificiale.
Le nuove opere si affiancano a quelle già presenti, provenienti per la maggior parte da collezioni private, di Andy Warhol, Giorgio Griffa, Lucio Fontana, Giovanni Frangi, Francesco Menzio, Arrigo Lora Totino, Gilberto Zorio, Umberto Baglioni, Paola Anziché, Robert Rauschenberg, Giuseppe Penone, Mario Merz, Giovanni Anselmo, per costruire un dialogo immaginario con le parole dell’architetto Paolo Pejrone intessendo riferimenti e suggestioni e suggerendo letture e possibili interpretazioni del percorso di visita per costruire un cammino, oltre il giardino.
La mostra, realizzata dalla Fondazione Cosso al Castello di Miradolo a San Secondo di Pinerolo (TO), a cura di Paola Eynard e Roberto Galimberti, si sviluppa attorno al concetto di abbecedario: un “ABC” del giardino, in rigoroso dis-ordine alfabetico, secondo le parole e i pensieri di Paolo Pejrone, ma soprattutto una riflessione profonda e intima su temi come la luce, l’ambiente, la calma, i dubbi, le speranze, le sfide che il mondo contemporaneo offre al rapporto tra uomo e ambiente.
I lavori di Robert Rauschenberg, come un giardino, hanno una forte unicità determinata dal modo in cui l’artista sceglie e accosta gli elementi in composizioni libere, in cui le imperfezioni del processo serigrafico distinguono il suo lavoro dalla più fredda Pop Art. Negli anni ‘70 con questa tecnica, l’artista realizza il poster per le celebrazioni della Prima Giornata Mondiale della Terra “Earth Day 22 April” (Anni ‘70) per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle emergenze ambientali.
Arrigo Lora Totino, uno degli interpreti più rappresentativi del movimento internazionale di Poesia Concreta, spazia tra gli strumenti della tipografia e del collage, utilizzando espedienti quali la ripetizione, la sovrapposizione e il rovesciamento di parole e frasi: in “Foglia” (Anni ’80) inquadra le parole “foglio” (il luogo del disegno) e “foglia” (una delle forme del giardino) in una simmetrica struttura visiva.
Parallelamente il libro di Giovanni Anselmo “116 Particolari visibili e misurabili di infinito” (1975) sembra evocare una traccia, visibile e misurabile appunto, di un pensiero destinato a restare incompleto o parziale non in sé, ma nella prospettiva soggettiva da cui lo osserviamo: come il progetto di un giardino, visibile nella sua varietà, misurabile nella sua estensione ma inafferrabile nella sua prospettiva temporale.
Il libretto di Lucio Fontana “Concetto Spaziale” (1966) sembra richiamare l’oro di Venezia, la ricchezza della Serenissima che si affaccia e si apre all’Asia ma, soprattutto, un orizzonte che si compie al di là del mare, al di là dello sguardo stesso: un Oriente che è lontananza, immaginazione, che è possibilità d’altrove, nello spazio e nel tempo.
L’Oriente racchiuso in un fiore che proviene dalla Cina è il soggetto dell’opera di Andy Warhol “Senza titolo” (Anni ’70). Con “Urpflanze” (2020). Giovanni Frangi affronta il tema che fu la magnifica ossessione di Claude Monet: le ninfee. La Urpflanze è la pianta originaria, primordiale, ma per l’artista non rappresenta un’indagine sul soggetto, ma sulla pittura che qui sceglie il velluto come supporto, come luogo in cui posarsi nel suo effimero permanere.
La scultura sospesa “Verticale” (2021), creata appositamente per il Castello di Miradolo da Paola Anziché, è una sapiente lavorazione a intrecci concentrici, frutto di una attenta e meditata tecnica di intreccio che nasce dalla cura per i materiali impiegati (lana, cotone e seta) e da una conoscenza profonda, lentamente maturata, delle loro caratteristiche: l’artista descrive il suo lavoro come “pensare con le mani”, ideale rimando alla cura per il giardino.
Anche Giorgio Griffa ha dedicato a una sala del Castello un’installazione inedita ispirata a “Venti Frammenti” (1980) sul tema della conoscenza e della frammentarietà del sapere fatta di piccoli frammenti irregolari di stoffa, tratti e segni di una partitura sospesi come una costellazione o come le foglie che entrano dalla finestra che si affaccia sul giardino.
Tra le opere in mostra, infine, anche un confronto tra Erbari: due serie di opere su carta realizzate entrambe nel 1989 da due protagonisti dell’Arte Povera: Mario Merz e Giuseppe Penone. Nelle 14 tavole che compongono il ciclo “Da un erbario raccolto nel 1979 in Woga-Woga, Australia” Merz accosta a diversi esemplari di foglie di piante fermate sul cartoncino con adesivi a vista, la numerazione tipica della successione di Fibonacci. Le “Trentatré erbe” di Penone sono invece il risultato di un’azione di frottage. Sono calchi di erbe reali sulle quali ha agito la mano dell’artista che raccontano, in ogni tavola, una riflessione profonda sul rapporto uomo-natura: l’impressione delle erbe dialoga autenticamente con la parola che si trasforma in riflessione, tracciata sulla struttura vegetale.
L’esposizione è completata da un’installazione sonora appositamente dedicata, a cura del progetto artistico Avant-dernière pensée, articolata attorno a tre nuclei essenziali. Il primo, al piano terra, si concentra sulla musica di Gioachino Rossini proponendo un’architettura sonora nello spazio dell’opera giovanile del compositore “6 Sonate a quattro”. Nelle sale del primo piano l’installazione sonora presenta una reinterpretazione della Sesta Sinfonia, “La Pastorale”, di Ludwig van Beethoven. Infine, dedicata all’opera “Venti frammenti” di Giorgio Griffa, un’inedita riscrittura di “Apartment House 1776” di John Cage, nella versione per quartetto d’archi.
Le ricerche iconografiche per la mostra sono a cura di Enrica Melossi.