Esponenti del terzo settore, politici e accademici insieme per celebrare la solidarietà e l’aiuto reciproco in una Milano che cambia in occasione dei 145 anni di storia della Mutua sanitaria Cesare Pozzo celebrati lo scorso 1 maggio. A far da cornice il Salone Liberty di Milano, luogo simbolo dei diritti dei lavoratori, che ha ospitato illustri esponenti del terzo settore e non solo, per un incontro moderato da Rossella Verga, vice-direttore del Corriere della Sera – Buone Notizie e patrocinato dal Comune di Milano.
Ad aprire i lavori è stato Andrea Tiberti, presidente nazionale della Mutua sanitaria Cesare Pozzo che ha commentato: “Noi società di mutuo soccorso siamo nate con lo scopo di offrire servizi utili al cittadino e con il sogno che lo Stato un giorno li avrebbe garantiti a tutti. E’ un grande peccato che la storia del mutualismo non sia sui libri e che non sia tramandata anche alle nuove generazioni perché è utile a fare capire che non possiamo permettere allo Stato di arretrare troppo. Oggi è importante parlare della storia ma occorre anche essere concreti e soprattutto avanzare una critica costruttiva: il privato non può essere la risposta a tutto. Noi come CesarePozzo ci siamo con la nostra storia e la nostra coscienza critica”.
A seguire Angelo Turco, vice presidente del consiglio comunale ha commentato: “La solidarietà è uno dei valori che caratterizza Milano. Grazie alla CesarePozzo perchè con questa iniziativa ha offerto qualcosa di importante alla nostra città. La solidarietà e il mutualismo fanno parte del Dna di Milano e per questo ci tenevo particolarmente a che il Comune sostenesse questa proposta. Non è retorica ma è verità: in questo luogo siamo dentro la storia di Milano”.
Alberto Fontana, presidente Fondazione Housing Sociale: “L’housing sociale si prefigge di costruire dei luoghi nei quali è indispensabile verificare due requisiti: l’accessibilità economica e la partecipazione di quella comunità alla costruzione di bisogni. Le porte delle nostre case sono spesso chiuse e l’obiettivo che ci proponiamo è di dire alle persone che le abitano di lasciarle aperte, di mettere a fattore comune i loro bisogni, di far si che ci sia una risposta che riguarda non solo chi vive il problema ma anche una comunità estesa ed è esattamente quello he diceva Cesare Pozzo. Non dobbiamo rispondere in maniera orizzontale ma dobbiamo mettere la persona al centro. E’ per questo che, se vogliamo parlare realmente di mutualità dobbiamo assumerci una responsabilità come quella che si è assunta Cesare Pozzo 145 anni fa rispetto ai ferrovieri. Attraverso la Fondazione Housing Sociale abbiamo l’obiettivo di riuscire a procedere in questa direzione tutti i giorni e di dare un nome e un cognome a chi ha deciso di affrontare questo viaggio riconoscendo i bisogni e le difficoltà di ognuno”.
Tommaso Sacchi, Assessore alla cultura Comune di Milano: “Sono felice che si sia deciso di celebrare questo anniversario ripercorrendo la storia di un’importante istituzione della cultura del nostro Paese che affonda le sue radici qui a Milano. Mi ha colpito il programma di questa manifestazione che alterna i temi della solidarietà a quelli istituzionali e lavora su una serie di percorsi culturali. Questo registro connota la cultura mutualistica. Plauso a “Le vie della solidarietà”, il progetto proposto dalla CesarePozzo, che va a ripercorrere i luoghi della storia che permettono di far scoprire ad un pubblico più ampio la storia del mutualismo. Grazie a voi per quello che avete organizzato”.
Luca Gibillini, delegato al coordinamento di Milano è memoria: “Crediamo che Milano non sia solo quello che è oggi ma è il risultato di quello che è accaduto. È un insieme di valori, luoghi, spazi che arrivano da una storia lunga. Milano passa dalla cooperazione tra i cittadini e i milanesi sono questo. Essere di Milano significa far parte di una città che si aiuta. Era quindi impossibile per il Comune di Milano che crede nella memoria di una città fatta dell’iterazione tra passato e presente, non accogliere o non essere qui presenti. CesarePozzo è questo e rappresenta questo spirito. Aver cura di questa memoria significa coltivare il nostro futuro fatto di solidarietà, cooperazione, coesistenza, coabitazione e aiuto reciproco. Quando costruiremo una città che si basa su questa memoria avremo costruito una città migliore”.
Carmela Rozza, consigliere regionale delega sanità e politiche sociali: “Con la pandemia abbiamo capito che il sistema sanitario lombardo non è focalizzato sulla persona ma sugli ospedali. Già soltanto la parola “sistema” è esemplificativa rispetto al significato di servizio sanitario nazionale. “Sistema” infatti non evoca nessuna collettività né visione umana delle persone: un sistema non è niente se non si organizza intorno alla persona. Oggi grazie al PNNR si stanno compiendo buoni investimenti ma purtroppo ancora destinati al concetto di “sistema”. Certo, cambiano alcuni nomi: i poliambulatori diventano case della comunità. Ma chi accoglie il paziente? Dalla giunta della Lombardia la risposta è una semplice indicazione degli uffici e dei servizi, senza presa in carico delle persone. Invece bisogna capire che le persone non hanno gli strumenti nozionistici per curarsi e quindi hanno bisogno di assistenza a 360 gradi. Invece in Lombardia il concetto predominante è la vendita di una prestazione. C’è bisogno di mutualità e per il futuro dobbiamo affrontare il concetto di diritto alla salute e di come lo si può sostenere da un punto di vista economico. Quando parliamo di sanità, sappiamo che la salute costa che ci porta ad affrontare il tema della sostenibilità sia oggi, sia domani. O siamo in grado di avere la visione della sostenibilità del diritto e la capacità di fare rete con la mutualità, oppure rischiamo che chi non ha i soldi non si riesce a curarsi. Purtroppo oggi la formula sembra essere “ci pensa il privato”, ma non va bene così. E’ la rete fra servizi pubblici, privato sociale e terzo settore che deve realizzare quegli elementi fondamentali di sussidiarietà come risposta alla carenza del pubblico per riuscire a rendere sostenibile sul piano economico il diritto alla cura”.
Giovanni Putoto, responsabile Programmazione Medici con l’Africa Cuamm. “L’Africa ha iniziato un percorso di mutuo aiuto in l’ambito sanitario. Siamo nati poveri ma non dobbiamo morire poveri. In molti paesi dell’Africa Sud Sahariana il parto avviene in casa e si svolge spesso con grosse problematiche che possono portare anche al decesso della partoriente. Le cause di tutto questo sono molteplici: barriere culturali (spesso sono i mariti a decidere dove far partorire la propria donna non avendo però contezza dei reali rischi), barriere geografiche come le distanze per raggiungere un ospedale a volte distante 200 km, barriere finanziare (non esiste un welfare). Non c’è una copertura sanitaria universale e ogni paese dovrebbe dotarsi di un sistema sanitario che possa garantire l’accesso alle cure per tutti. Come si può procedere per agevolare questo processo? Attraverso sistemi di finanziamento come le mutue e la sanità integrativa. Occorre investire sui giovani e sulla cultura, creando così un sistema di solidarietà tra sani e ammalati, tra abbienti e non abbienti, investendo sull’equità intergenerazionale. Il Cuamm lavora in Africa da oltre 70 anni scegliendo di non avere ospedali propri ma intervenendo in strutture africane con l’obiettivo di rispettare le istituzioni e la realtà e invitandoli in questo modo ad assumersi le loro responsabilità”.
Flavia Petrin, presidente nazionale AIDO: “La mutualità per AIDO è quel sì condiviso tra chi dona e chi riceve. Il si alla donazione è quindi un si collettivo. Chi riceve un dono può tornare ad una vita piena e chi dona continua a fare del bene anche dopo la morte”.
Sergio D’Angelo: presidente cooperativa Gesco e consigliere comunale di Napoli: “Il tema della solidarietà è correlato a quello delle diseguaglianze. La solidarietà è uno stato di necessità ed è anche un grande atto di convenienza. A Napoli esiste una città alta e una bassa e quella alta rende la vita sempre più difficile a quella bassa. Per questo penso che sia conveniente provare a fare un investimento nella solidarietà e tale sforzo deve essere richiesto non solo alle persone ma anche alle istituzioni, se non riusciamo a ridurre le distanze tra le persone ci sarà sempre una parte che vivrà male perchè esisterà sempre competitività e retorica”.
Valentina Laterza, Refugees Welcome: “Dal 2015 ci occupiamo di accoglienza in famiglia di persone rifugiate. Vivere insieme per rispondere ai bisogni sia di chi è accolto, sia di chi ospita. Lo stare assieme spesso è molto settario”.
Chiara Rizzica, coordinatrice di Milano Abitare: “offriamo case con un affitto calmierato. Un affitto è accessibile quando pesa meno del 30 percento sulle spese della famiglia. Milano è un luogo difficile per gli affitti e questo la rende una città con fortissime contraddizioni. Mutualismo, solidarietà, servizi integrati sono gli argomenti di oggi e la sfida è quella di provare a colmare quei gap. Occorre intervenire sul tema dell’affitto sostenibile perché diversamente siamo lontani dall’essere solidali rimanendo in una forte contraddizione”.
Luca Fois, docente di design al Politecnico di Milano: “Design vuol dire progetto che trasforma idee in realtà ed è questa la forte correlazione con il terzo settore. Il design non vive da solo. È una professione collaborativa per definizione. Design è cultura e metodo di progetto per trasformare visioni in progetti fattibili. Ci stiamo occupando molto di design e terzo settore perché anche in questo ambito stanno capendo l’importanza della progettazione. Il terzo settore ha bisogno di compiere grossi passi avanti nella comunicazione e nella progettazione, ha grossi contenuti ma deve evolvere nella progettualità e il design sa fare questo, ha in sè quell’economia circolare (un tempo mutuo soccorso) che crea un approccio sistemico e multidisciplinare ed è per questo che è estremamente utile al terzo settore”.
Franca Maino, direttrice di Secondo Welfare: “abbiamo un sistema di welfare che presenta delle criticità che ci portiamo dietro da tempo. Tra queste, la difficoltà nel farsi carico dei nuovi rischi e dei nuovi bisogni, scaricando sulla famiglia i costi di un welfare che, a sua volta, fa fatica a fornire risposte rispetto alle sfide recenti. Vanno ripensate le logiche di intervento, non in modo emergenziale ma provando ad agire d’anticipo e ancorando le scelte a cornici valoriali più ampie anche a livello internazionale. Una seconda sfida risiede nell’ampliare la rete e le sinergie fra portatori di interessi diversi (compresi il privato no-profit e il privato produttivo). Occorre poi intercettare i bisogni e riuscire ad aggregarli. Non è più sufficiente che ognuno faccia il proprio corso e anche le società di mutuo soccorso devono mettersi in rete con gli altri soggetti del welfare. E’ in questo senso occorre comunicare bene l’offerta perché a volte molte risposte ci sono ma non si conoscono. Il mutualismo ha in sé una visione strategica: ascoltare i bisogni per prevenire gli interventi e favorire l’inclusione così da arrivare anche ai soggetti più vulnerabili e fragili”.
Placido Putzolu – presidente FIMIV: “La nostra federazione è disponibile, e credo sia giusto puntualizzare in merito all’esigenza di mantenere la nostra peculiarità di soggetti integrativi rispetto al SSN chiarendo la volontà di essere un sostegno alle azioni del welfare. Sulla visione strategica, abbiamo presentato le buone pratiche nei territori durante l’ultima giornata della mutualità in sinergia con gli altri soggetti del terzo settore. Sottolineo il tema della comunicazione: la cultura mutualistica va ben diffusa fra le persone e le istituzioni pubbliche. Dobbiamo ancora formare giovani, studenti e operatori e su questo la CesarePozzo da anni ha dimostrato di saper ben operare. Ringrazio la CesarePozzo per aver organizzato questa manifestazione, capace di inquadrare il nostro ruolo in una cornice multi-stakeholder in cui la CesarePozzo rilancia la sua centralità nel panorama della mutualità italiana”.
Michele Lofaro – vicepresidente di Welf@reIN: Welf@reIN è un’impresa sociale: “andiamo a creare degli accordi basati sui bisogni delle aziende stesse oltre a fornire prestazioni e servizi al lavoratore e ai familiari in un’ottica prettamente mutualistica. Sono valori che oggi diventano strumento per far sì che le aziende e i lavoratori soffrano il meno possibile. I recenti studi di settore hanno evidenziato che coloro i quali hanno strutturato un piano di welfare hanno ricevuto i benefici previsti dal legislatore. Noi possiamo essere un filtro che va a defiscalizzare il denaro previsto dai premi di produzione, andando ad alleggerire la pressione fiscale su aziende e lavoratori”.
Stefano Malorgio, segretario nazionale FILT-CGIL: “Io vorrei sottolineare la connessione fra mutualismo e lavoro: credo che sia necessario che si lavori tutti insieme su una connessione attiva sui temi di lavoro e non necessariamente mediata dal welfare aziendale. Il mondo del lavoro è cambiato: c’è frammentazione e liquidità dei rapporti di lavoro che in parte è precarietà ma anche evoluzione del modo di lavorare. Quello mutualistico è dunque uno strumento concreto: storicamente nelle mutue si è costruita l’identità di una categoria e da qui si deve ripartire per rappresentare la dignità dei lavoratori. Credo che si debba fare un lavoro di promozione dello strumento mutualistico per ridare ai lavoratori la capacità di chiedere mutualità”.
Alessandro Mancini – relazioni sindacali Trenord: “per Trenord il welfare vuol dire costruire le condizioni per consentire alle persone, non solo lavoratori, di potersi esprimere al meglio. Per questo, quando si parla di persona, si affrontano come l’espressione professionale e le caratteristiche private e personali. Stiamo portando avanti un piano di sviluppo basato sul people careing: la cura della persona al centro, per cui al centro vi è la partecipazione. Abbiamo creato una cabina di regia con le OOSS per valutare i bisogni dei lavoratori. E’ importante la partecipazione attiva e per questo stiamo implementando modelli di ascolto diversi. Stiamo lavorando anche alla co-progettazione, ovvero identificare servizi di welfare costruiti insieme alle persone, in primis le OOSS”.
Prof. Renzo Riboldazzi, docente di urbanistica Politecnico di Milano: “i luoghi e la loro evoluzione sono importanti e hanno un significato molto forte. Questi sono luoghi che hanno creato un pezzo di storia di Milano e la storia della Cesare Pozzo si intreccia con quella di Milano da molti punti di vista. Una società come questa e queste operazioni di rivitalizzazione della memoria sono molto importanti anche rispetto al legame con i luoghi che significa ricostruzione di un’identità e di una comunità ossia di sostegno reciproco perché nella radice di questa parola c’è anche questo”.
Pino Tuscano, presidente nazionale DLF: “Stiamo vivendo la tempesta perfetta: una serie di eventi che cambiano i nostri paradigmi. Nei cambiamenti in atto dobbiamo essere protagonisti, ragionando. Il welfare del futuro si caratterizza con le integrazioni fra associazioni: aumenterà la richiesta di protezione sociale. La tendenza economica in atto è quella di far aumentare le diseguaglianze e l’instabilità del lavoro. Auspico quindi un cantiere nuovo delle idee per far evolvere il welfare. Nel prossimo anno vogliamo pensare al sogno di ognuno: vogliamo investire su ciò che i singoli hanno voglia di fare”.
Con circa 130.000 Soci, per un totale di 350.000 assistiti, la Società nazionale di Mutuo Soccorso Cesare Pozzo si impegna a garantire da oltre 140 anni il benessere di lavoratori, famiglie e imprese. Tutti i piani sanitari sono studiati per andare incontro alle diverse esigenze dettate dall’età, dal nucleo familiare e dalla professione. Soltanto nel 2020 ha erogato circa 17 milioni di euro per rimborsi di spese mediche e sussidi socio-assistenziali.