A cura della Fondazione Giuseppe Valentino, il primo appuntamento a Milano e culminerà il 23 e 24 giugno a Ischia. La crisi climatica, le politiche ambientali, l’attualità che racconta di catastrofi causate dagli allagamenti di questi giorni, hanno aperto la riflessione al centro dell’incontro dal titolo “Aziende e giornalisti a confronto: come si comunica la crisi climatica” che si è tenuto oggi al Palazzo delle Stelline.
Il Direttore Communication and Media Relations del Gruppo Unipol Vittorio Verdone ha aperto il dibattito introdotto dal presidente di Fondazione Stelline Fabio Massa, al quale hanno partecipato Zornitza Kratchmarova, Giornalista professionista, ESG Lead, Retex; Fernando Vacarini, Responsabile Media Relations Corporate Reputation & Digital PR, Direttore del magazine Changes, Gruppo Unipol; Miriam Frigerio, Head of Brand and Communication e Responsabile editoriale del magazine SorgeniaUP, Sorgenia; Luca Testoni, Direttore ETicaNews; Vincenzo Di Vincenzo, Responsabile sede di Milano, Agenzia ANSA.
Stiamo vivendo le conseguenze di una crisi climatica senza precedenti eppure, secondo il report di Greenpeace – realizzato con l’Osservatorio di Pavia sulla copertura mediatica dei cambiamenti climatici nel 2022-, soltanto il 3% delle notizie date dai principali telegiornali nazionali ha trattato implicitamente o esplicitamente temi riguardanti la crisi climatica.
Cosa manca e cosa bisognerebbe fare?
“Bisogna distinguere le diverse tipologia di media – ha risposto Fernando Vacarini-. I media tradizionali sono seguiti da una fascia di popolazione più anziana, che è culturalmente più restia ad accettare la sfida per il cambiamento. Non abbiamo certezze e spesso i dati sul clima sono contro intuitivi, dobbiamo stare attenti a raccontare le cose in maniera plurale perché nei fenomeni climatici non esiste la verità assoluta. Per le aziende la soluzione potrebbe essere quella di dare pluralità di posizioni e per i media tradizionali pluralità di informazione”.
“Bisognerebbe proporre un caso di studio su come funziona l’informazione- ha detto Vittorio Verdone-. Manca un tipo di informazione più propositiva su cosa fare, compito che spetterebbe più alla politica, ma anche la stampa può assumere questo importante compito”.
“Bisogna considerare due aspetti – ha aggiunto Zornitza Kratchmarova- : da un lato quello che il diritto di cronaca ci impone, ma poi bisogna considerare anche di poter dare dei suggerimenti alle persone e alle aziende per guidare il cambiamento in atto. Non dobbiamo avere paura dei dati ma renderli comprensibili al pubblico, sta a noi riuscire a trasmetterli in maniera corretta ed efficace”.
Dal punto di vista delle aziende Miriam Frigerio ha detto: “ La complessità del numero e l’interpretazione rappresentano una debolezza nel nostro Paese, lo abbiamo imparato nel periodo del Covid, e il tema del cambiamento climatico a volte spaventa per la sua complessità”. Quindi come si fa a trasformare il dato? “Che siano le aziende o i giornalisti a parlare, bisogna trasformare il dato in quegli elementi che impattano sula vita delle persone per capire cosa c’è dietro il numero”. Ma in che modo le aziende comunicano verso l’esterno un cambiamento a favore dell’ambiente? “La comunicazione di un’azienda a volte fa pensare alla pubblicità che difficilmente consente di approfondire certi temi, dall’altra parte ci sono i report di sostenibilità che però leggono in pochi, la terza via sono i canali giornalistici, tipo magazine o podcast, che rappresentano uno strumento interessante con il quale l’azienda può comunicare il tema poliedrico del cambiamento climatico e della sostenibilità”.
Dal punto di vista giornalistico Luca Testoni ha affermato: “Sono convinto che sia difficile trovare qualcuno che non sia consapevole del problema, ma il tema è abbastanza mainstream, per cui sparare dati in una notizia non cambia il sentiment di chi legge. Il messaggio deve essere semplificato ma qualitativamente alto. Rispetto alle aziende bisogna entrare in una dimensione in cui la credibilità tecnica deve essere la guida. Le aziende a volte sono più sostenibili di quanto non riescano a comunicare”.
Semplificazione e approfondimento sono le caratteristiche essenziali di Ansa, di cui ha parlato Vincenzo Di Vincenzo: “Benché il cambiamento climatico sia complesso e sensibile da comunicare, se il nostro messaggio non arriva al lettore siamo tutti responsabili. Noi siamo molto rigorosi in questo tipo di comunicazione così come nei settori della medicina e della ricerca, e anche sul cambiamento climatico bisogna orientarsi seguendo dati scientifici certi. Bisogna informarsi cercando messaggi chiari. Facendo un’analisi del quadro attuale è possibile notare che se da una parte il catastrofismo attrae e può creare confusione, dall’altra il raffronto con i numeri di cui disponiamo è basato su dati non strutturati e risalenti al 1700. Per cambiare gli stili di vita servono decenni, non si fa all’improvviso”.
Ha ringraziato la Fondazione Premio Ischia l’assessore all’Ambiente e Clima di Regione Lombardia Giorgio Maione: “Grazie per avere pesato al nostro territorio per questo dibattito che è di grandissima attualità e di interesse pubblico, utile alle comunità perché le sfide ambientali si vincono con il mandato sociale e una corretta informazione che porti ad una nuova consapevolezza. Le scelte non devono essere interpretate come obblighi o imposizioni, ma appunto come consapevolezza che si tratta di occasioni di crescita a tutti i livelli. Bisogna evitare di avere un approccio ideologico, ma lavorare su conoscenza e informazione per affrontare la sfida che ci attende”.
Il Premio è sostenuto dalla Regione Campania, con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio e con il contributo di Aci (Automobile Club d’Italia), Istituto per il Credito Sportivo, Gruppo Unipol, Ferrovie dello Stato, Gruppo Menarini, Terna spa, e Mundys spa. Patrocinio morale del Comune di Lacco Ameno, della SIAE, Data Stampa, iCorporate, Club Amici del Toscano.