Dall’1 al 4 giugno, approda a Genova organizzata da Slow Food e Regione Liguria, in collaborazione con il Comune di Genova, la manifestazione biennale dedicata agli ecosistemi acquatici e torna nei due luoghi simbolo della cultura marinara della città: il Porto Antico, l’anima del centro storico e la più grande piazza sul Mediterraneo, e Piazza Caricamento, storico spazio di manovra delle merci marittime in terraferma.
Coast to Coast è il tema dell’edizione 2023, un modo per sottolineare che mari, oceani e acque interne non sono ecosistemi a sé stanti rispetto a quelli dove si svolge la vita umana: gli ambienti acquatici e la terraferma sono strettamente interconnessi. Basti pensare all’influsso che mari e oceani esercitano sul clima, o al fatto che ogni nostro comportamento sulla terraferma, singolo o collettivo, genera ricadute profonde sulla salubrità delle acque.
Al centro delle conferenze di Slow Fish, oltre al rapporto tra il mare e la terra, sono altri tre temi che riguardano da vicino gli ecosistemi acquatici come la crisi climatica e siccità, la problematica dei rifiuti in mare, a partire dalla plastica, e le esperienze di chi li studia e li raccoglie, e il ruolo di primo piano che svolgono le città costiere, in quanto luoghi di scambio per eccellenza fra popolazioni, culture e merci.
Un assaggio del programma
Slow Fish 2023 è innanzitutto un’occasione per imparare, grazie alle attività di educazione organizzate da Slow Food e Acquario di Genova con il supporto di UniCredit, per approfondire le tematiche al centro dell’evento, con le Conferenze e i forum
La parola ai pescatori nella Slow Fish Arena, ma soprattutto per assaggiare e scoprire, tra Laboratori del Gusto e Appuntamenti a Tavola, le lezioni di In cucina con Slow Food insieme ai cuochi dell’Alleanza e gli Aperitivi quotidiani in Arena. Immancabili l’area dedicata a Food Truck, Cucine di Strada e Birre Artigianali, l’Enoteca con oltre 300 etichette selezionate, il Mercato, che con le sue bancarelle e le collettive delle Regioni italiane espone il meglio dei prodotti della pesca e dell’agricoltura costiera e i Presìdi Slow Food che tutelano la ricchezza di biodiversità dell’ecosistema.
Slow Fish è realizzato grazie al sostegno di numerose realtà che credono nel progetto, a partire dai Main Partner BBBell, Pastificio Di Martino, Quality Beer Academy, Reale Mutua e UniCredit. La manifestazione gode inoltre della collaborazione del Porto Antico di Genova, del supporto di Fondazione Carige, del sostegno della Camera di Commercio di Genova. Partner culturale è l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale.
Tutte le parole di Slow Fish 2023
Luoghi di confronto per eccellenza, le Conferenze e i forum La parola ai pescatori di Slow Fish sono l’occasione per approfondire i grandi temi e riflettere sulle proprie scelte di acquisto.
Nella Slow Fish Arena, gli approfondimenti vedono protagonisti biologi marini, studiosi, scrittori, climatologi e rappresentanti delle istituzioni, ma anche i pescatori e i mitilicoltori, la cui testimonianza spesso si fa denuncia di problematiche ambientali, economiche, sociali. Il 1 giugno alle 15, la conferenza Dove la terra incontra l’acqua entra nel merito del tema di Slow Fish 2023: le interconnessioni tra mare e terra. Coast to Coast vuole essere infatti un invito ad ampliare lo sguardo, a non leggere mari e oceani come separati dal resto, ma come parte di un tutto che comprende anche la terraferma.
«Ogni due respiri che facciamo, uno lo dobbiamo al mare» ci ricorda la scienziata, divulgatrice e attivista Mariasole Bianco, protagonista del dialogo insieme al biologo e “planctologo” Pierre Mollo e Jacopo Pasotti, giornalista e comunicatore scientifico. «Il mare è la nostra linfa vitale: produce il 50% dell’ossigeno che respiriamo, sequestra un terzo dell’anidride carbonica presente in atmosfera, regola il clima, è uno scrigno di biodiversità, nel quale vive l’80% delle specie viventi. Questi pochi dati sono sufficienti a chiarire quanto gli ecosistemi acquatici siano fondamentali per la nostra stessa esistenza» continua Bianco.
Il 2 giugno alle 11.30, con Acqua alle corde trattiamo il tema, sempre più contemporaneo e impellente, della crisi idrica, un risvolto drammatico del cambiamento climatico. Estati caldissime, riserve di neve insufficienti, ghiacciai che si sciolgono, precipitazioni scarse, fiumi dimezzati, le coste flagellate dall’erosione e da eventi climatici estremi sempre più frequenti. E poi c’è l’acqua che non si vede, ancora più a rischio: quella dolce nelle falde sotterranee, quella che mangiamo, indossiamo, esportiamo attraverso i beni di consumo…
Alla conferenza ne parliamo con il climatologo Luca Mercalli (in video collegamento), Anna Gavioli, biologa e referente tecnico del Parco Delta del Po, e Francesca Greco, geografa ed esperta di risorse idriche.
«Innanzitutto è bene distinguere eventi meteorologici da eventi climatici – sottolinea Francesca Greco -. Il trend climatico è stato già definito dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) e ha tre differenti scenari a seconda delle scelte che l’umanità sarà in grado di compiere. Per quanto riguarda l’Italia, le recenti ondate di pioggia e neve del periodo pasquale non sono affatto sufficienti per cambiare il nostro scenario climatico. Il risultato è che siamo dal 2020 ufficialmente in crisi idrica comprovata. Non ci sarebbe nessun rischio se l’1% del Pil mondiale fosse dedicato all’acqua. Questo è il calcolo fatto dalle Nazioni Unite. L’1% del Pil mondiale servirebbe alla gestione degli estremi climatici e alla protezione dagli stessi, oltre che alla prevenzione delle morti causate dagli eventi idrici estremi, come siccità e allagamenti. Purtroppo non c’è la volontà politica ed economica perché – ma non per molto – gli eventi estremi si sono per ora verificati in percentuale maggiore nei paesi più poveri. Ora che iniziano ad avere impatti pesanti anche negli Stati Uniti e nella nostra Italia, la questione si spera abbia una risonanza più ampia e la richiesta economica per azioni rivolte alla gestione dell’acqua venga presa sul serio».
Il 3 giugno alle 12, con Ripuliamo il mare, generiamo bellezza, torniamo su un tema non nuovo a Slow Fish, l’inquinamento e la plastica, e diamo voce a chi raccoglie i rifiuti dal mare, a chi studia il comportamento delle plastiche in acqua e sulle coste, a chi recupera la posidonia e la valorizza dal punto di vista ecologico in maniera funzionale nell’ambito dell’ecosistema spiaggia, a chi trova soluzioni alternative alle reti di plastica per l’allevamento dei mitili…
«La plastica è tornata alla ribalta con il Covid, con l’immissione nell’ambiente di un quantitativo immenso di supporti monouso: guanti, mascherine, bottiglie… Di fronte a queste e altre fonti di inquinamento è ancor più necessario affermare come la nostra vita sia totalmente dipendente dall’ambiente, e in particolare dal mare. Respirare, bere, mangiare: sono tutte attività che dipendono dall’acqua» sottolinea Franco Borgogno, divulgatore scientifico dell’European Research Institute Onlus, che insieme a Marco Capello, oceanografo dell’Università di Genova, ci permette di raccontare il progetto Splash & Co. «Non parliamo solo della vita biologica, anche la vita economica è a rischio. Va da sé, pertanto, che dobbiamo fare sì che l’ambiente continui a garantirci lo svolgimento di queste attività».
Non solo plastiche. Focalizzeremo l’attenzione su un tema ingiustamente interpretato da molti come una forma d’inquinamento, ossia la posidonia spiaggiata. «La posidonia è importantissima per l’ecosistema costiero: non solo preserva l’erosione costiera delle spiagge, ma è anche un incubatore di biodiversità. Alla fine del suo ciclo vitale arriva sulle spiagge, ed è in questa fase che a Pollica la recuperiamo per il suo smaltimento. Su un sentiero naturalistico collocheremo un impianto di smaltimento di piccola taglia, dove la posidonia e i rifiuti organici saranno smaltiti e trasformati in energia, un’energia utile a coprire il fabbisogno di 5000 famiglie». Così Stefano Pisani, sindaco di Pollica, che chiude dicendo: «Abbiamo trasformato un potenziale problema – la posidonia spiaggiata che non piace ai bagnanti – in un’opportunità per l’educazione dei cittadini e per le politiche sociali». A Slow Fish, su questo tema, interviene anche Paolo D’Ambrosio, direttore dell’Area Marina Protetta Porto Cesareo.
«Le città costiere sono fragili, perché densamente abitate e perché su di loro si concentrano gli effetti di tante, diverse, pressioni di natura antropica, tra cui gli interessi turistici, industriali, artigianali e commerciali che insistono sulle fasce costiere. E poi, naturalmente, c’è una questione idrogeomorfologica, poiché proprio sulle coste si riversano anche le problematiche che hanno origine nell’entroterra e che le vie dell’acqua, come i fiumi, trasportano fino alle foci. Ma le città costiere, proprio per via della loro particolare fragilità e delle caratteristiche che le contraddistinguono, possono essere straordinari laboratori di innovazione: luoghi dove sperimentare soluzioni, dove realizzare in prima battuta la transizione che le porti a diventare smart cities. Farlo richiede consapevolezza e volontà di mettersi in discussione» sottolinea Marco Dadamo, biologo e membro dell’Advisory Board di Slow Fish, introducendo il tema della conferenza in programma nella Slow Fish Arena domenica 4 giugno alle 15 Baciate dal mare. La rigenerazione delle città costiere.
La parola ai pescatori
A Slow Fish, come in tutte le manifestazioni di Slow Food, il palcoscenico è riservato innanzitutto a chi il mestiere lo sente sulla propria pelle. E mai come nel caso di chi lavora con il mare possiamo affermarlo: i pescatori artigianali vivono a contatto con l’acqua per 365 giorni all’anno. Se ci occupiamo del benessere degli ecosistemi acquatici, pertanto, è fondamentale ascoltarli e comprenderne il punto di vista. Per questo uno degli appuntamenti fissi della Slow Fish Arena è La parola ai pescatori dove, insieme a temi importanti come la biodiversità ittica, la crisi climatica e l’arrivo delle specie aliene, possiamo ascoltare le testimonianze di chi ogni giorno affronta il fascino del mare e con esso le difficoltà, tra rarefazione delle specie, mutamenti ambientali, difficoltà nel far valere i propri diritti e vedere riconosciuta la peculiarità delle proprie tecniche artigianali.
Partiamo dalle cooperative della pesca e dalle esperienze di ittiturismo che in Liguria rivestono un ruolo importante, come la Cooperativa Mitilicoltori Spezzini e la cooperativa dei pescatori artigianali di Noli. Approdiamo sulle sponde del Tirreno con l’ecosistema fragile con cui hanno a che fare i pescatori artigianali dell’Isola del Giglio e la Cittadella della pesca di Viareggio, impegnata in un percorso teso a minimizzare lo sforzo di pesca sostenendo al contempo la redditività delle imprese associate.
Saltiamo dall’altro lato dell’Italia e approdiamo nell’Adriatico con i pescatori del Presidio del mosciolo selvatico di Portonovo, la cui sopravvivenza è messa a rischio dalle mareggiate da un lato e dalla pesca selvaggia dall’altro. Mettiamo a confronto tecniche di pesca, come la magghia del Golfo di Catania e la menaica del Cilento, entrambe destinate alla pesca delle alici ed entrambe riconosciute Presidio Slow Food. Terminiamo il nostro percorso immergendoci nelle acque dei laghi italiani e ascoltando i racconti dei pescatori della storica cooperativa del Trasimeno, della Comunità Slow Food per il pesce delle Alpi e Prealpi Occidentali, del Presidio Slow Food della sardina essiccata tradizionale del lago d’Iseo e del lago del Turano.