Il premio consegnato dal direttore Artistico Massimiliano Cavaleri con la motivazione: “Attore, regista, sceneggiatore, produttore, conduttore di programmi tv, ha costruito una grande carriera grazie alla poliedricità del suo talento”.
Luca Barbareschi, infradito e camicia di lino, domina il palco del Premio Troisi, con la sua dirompente verve e la capacità di catalizzare l’attenzione con l’intelligenza e capacità di raccontare e raccontarsi che sono parte di lui. Non si nasconde mai, parla di gioie e anche di dolore, con la stessa sincera schiettezza impregnata di ironia: “Sono pigro – ammette – io bleffo, ma è l’unica maniera per fare cose che diversamente non farei mai. Starei a piedi nudi a fare niente, ma se dichiaro che farò quella cosa, poi sono costretto a farla. Fare il produttore ha appagato la mia curiosità di lavorare con tanti talenti come Polanski, per esempio. Chiosa poi sulla salute del nostro paese – l’Italia ha bisogno di un giornalismo e di una magistratura sana, al momento purtroppo non è così. Il problema è la narrazione che spesso non è corretta, dedichiamo attenzione a chi fa del male, amplificandone il rumore, troppo poco a tutto il resto, perché? Perché, se hai paura sei manipolabile”.
“Abbiamo vissuto nella stessa zona, dove vivevano tanti artisti. Eravamo diversi, io un po’ snob in certi momenti, lui invece con il napoletano che è una metalingua, arrivava subito. Era una grande poeta, un grande giocatore di biliardo e uno che piaceva tantissimo alle donne. Nella staffetta della vita il testimone è l’arte del pensiero, che rimane, mi inorgoglisce ricevere questo Premio e mi rende felice. Lassù qualcuno mi ama, Massimo mi ha pensato e sulla scrivania metterò questo Premio dedicato a lui e alla sua bellissima carriera. A fine settembre, tra l’altro, starò alle Eolie per tre mesi per girare un nuovo film di cui sono regista, una fiaba bellissima che vedrà anche Salina tra le location. Viva Massimo e viva l’indipendenza degli artisti!”