A due mesi dall’inizio della stagione sciistica e in attesa del nuovo “ddl Montagna”, nel corso dell’Assemblea Annuale degli Esercenti Funiviari che si è chiusa oggi a Bibione, si è parlato dei temi fondamentali per lo sviluppo del settore, autentica locomotiva del turismo di montagna e driver dello sviluppo delle terre alte. La richiesta? Per crescere serve più dialogo, interventi rapidi delle istituzioni e trasversalità per affrontare insieme gli snodi del futuro.
Sostenibilità ambientale, economica e sociale, adattamento ai cambiamenti climatici e supporto agli investimenti. Superate le sfide legate alla pandemia e all’esplosione del costo dell’energia e delle materie prime, gli impiantisti, reduci da una stagione finalmente positiva, chiedono un cambio di passo: il ddl Montagna che sarà discusso nelle prossime settimane è atteso per segnare una svolta nella considerazione che le “Terre alte” avranno in seno alle istituzioni.
“La montagna è un valore trasversale, non è né di destra né di sinistra ma è una comunità che dobbiamo tutelare e difendere e a cui dobbiamo dare l’opportunità di lavorare” – ha spiegato Valeria Ghezzi, presidente di ANEF.
Dialogo è la parola chiave per costruire con le istituzioni, le associazioni ambientaliste e tutti gli attori della filiera il futuro della montagna. Gli impiantisti hanno scelto anche quest’anno una località di mare per lanciare il loro messaggio e per discutere delle sfide che si trovano ad affrontare nel percorso verso una concreta sostenibilità delle imprese funiviarie. Un settore che ha il suo core business nello sci ma che guarda sempre più alla destagionalizzazione dell’offerta turistica.
Gli imprenditori che lavorano negli impianti a fune sottolineano la propria centralità nell’economia di montagna, e il proprio fondamentale ruolo nell’offerta di posti di lavoro e nella creazione di valore nelle terre alte, di insostituibile supporto alle comunità locali e di attivo presidio del territorio. Questo si traduce in 400 aziende, 1,5 mld di fatturato, 2,2 mld gli immobilizzi, 15.000 persone di cui un terzo a tempo indeterminato, numeri che, considerando l’intero indotto, vanno moltiplicati fino a 7 volte per i fatturati e per 5 quando si parla dei lavoratori. Un’industria che opera in piena sintonia con l’ambiente, visto che i 1500 impianti di risalita e i 3500 km di piste esistenti occupano in tutto 90,5 km quadrati, lo 0,03% del territorio italiano e lo 0,07% del territorio italiano montano.
Conoscenza e consapevolezza – del ruolo e dell’impatto delle aziende funiviarie oltre che del contesto climatico in mutamento in cui operano – è il secondo concetto fondamentale per affrontare le sfide del futuro: essere sostenibili e adattarsi ai cambiamenti climatici.
“L’impatto zero non esiste, ogni azione comporta una effetto – ha commentato Ada Rosa Balzan, responsabile sostenibilità di Federturismo Confindustria e presidente di ARB SPBA – È sempre più importante che le aziende siano in grado di misurare il proprio impatto e avviare così le azioni necessarie per essere sostenibili. Sostenibilità che, come le aziende impianti a fune ben testimoniano, non è solo ambientale ma anche sociale e di governance“.
La sfida dell’”adattamento” è ben conosciuta dagli impiantisti. Adattamento a un territorio difficile e faticoso come quello montano e adattamento al clima, una sfida raccolta già a partire dagli anni ’80, basti pensare allo sviluppo dei sistemi di innevamento programmato per ovviare agli inverni senza neve.
“Nonostante ilLAN (il limite altimetrico dei 100 giorni con sciabilità garantita) non sia cresciuto significativamente negli ultimi anni, gli scenari rilevati impongonocapacità di adattamento e investimenti – ha spiegato Massimiliano Fazzini, climatologo e nivologo di SIGEA – Società Italiana di Geologia Ambientale e UNICAM – Università degli Studi di Camerino- L’inaffidabilità dei modelli esistenti per considerazioni puntuali richiede il monitoraggio sistematico e localizzato del clima, della nevosità e della persistenza della neve al suolo, così le imprese funiviarie potranno ottimizzare l’adattamento al riscaldamento climatico”.
Gli impiantisti escono da anni difficili, prima la pandemia che ha cancellato un’intera stagione sciistica, poi l’instabilità internazionale che ha portato al caro energia e materie prime. Questo non ha impedito, grazie anche agli sgravi governativi, di investire sulla montagna, per rendere gli impianti più ecologici, efficienti e moderni. Solo in vista dell’inverno 2023/2024 le imprese funiviarie hanno investito oltre 250 milioni di euro per migliorare la fruibilità della montagna e per reggere la competizione con le altre aree alpine. In quest’ottica è essenziale il supporto delle istituzioni, a partire da “Industria 4.0” fino ad arrivare al supporto per gli investimenti di ammodernamento sugli impianti di risalita e di innevamento e alle misure per calmierare il prezzo dell’energia e delle materie prime. Aiuti concreti che andrebbero accompagnati da una semplificazione burocratica.
La centralità del settore impianti a fune all’interno del sistema turistico italiano è stata ribadita da Marina Lalli presidente di Federturismo Confindustria
“Questo è un settore fondamentale del turismo italiano, ne siamo consapevoli gli impiantisti sono un pilastro fondamentale del turismo italiano che merita tutta l’attenzione e rivendicarla a gran voce da parte delle istituzioni – ha spiegato – La domanda che dobbiamo porci è: senza gli impianti di risalita quante persone sarebbero in grado di godere della montagna?”
Un ruolo che è essenziale anche per permettere alla montagna di rimanere viva e abitata.
“Se vogliamo parlare di sostenibilità in montagna è necessario prima chiarire un concetto: noi vogliamo la montagna abitata e inclusiva, questo è il punto di partenza per definire poi le strategie da adottare – ha spiegato Dieter Steger, parlamentare di SVP – Dobbiamo quindi facilitare gli investimenti, garantire autorizzazioni in tempi brevi e guardare alla sostenibilità a 360 gradi”.
Sulla stessa lunghezza d’onda è Alessandro Panza, Europarlamentare della Lega: “Dobbiamo cambiare un paradigma negativo che per troppo tempo ha caratterizzato le nostre politiche, ovvero lasciare che il destino dei territori montagna fosse nelle mani di chi la montagna non la conosce veramente – ha commentato – Il disegno di legge del Ministro Calderoli nasce proprio per ribaltare questo paradigma: mettere al centro la montagna”.