Si è tenuta lo scorso 29 settembre a Villa Giustinian (Cittadella, PD) la tavola rotonda dal titolo “Qualità su misura: Le sfide della filiera per il consumatore di domani”. L’appuntamento, giunto alla sua terza edizione, ha riunito in un unico contesto circa 100 rappresentanti qualificati della filiera delle carni bovine, al fine di analizzare lo stato di salute del mercato, approfondire le nuove abitudini d’acquisto del consumatore finale e proporre delle linee guida per il futuro della filiera. I relatori dell’evento – Raffaele Pilotto, l’Onorevole Paolo De Castro, Denis Pantini, Clara Fossato, Mirco Pellizzer, Alessandro Bertin e Paolo Amedeo Garofalo – hanno offerto il loro contributo dal punto di vista di settori, istituzioni ed enti differenti, spaziando dall’Unione Europea all’UNICEB, dalle analisi di mercato al mondo della formazione, fino a quello della comunicazione e del benessere animale
A fare gli onori di casa Raffaele Pilotto, Direttore Commerciale e Marketing di Centro Carni Company SpA, azienda veneta promotrice dell’evento e leader in Italia nel settore del disosso delle carni bovine: «Stiamo vivendo un periodo teso e di difficile lettura, ma una cosa è chiara: il settore zootecnico va tutelato, valorizzato e difeso, oggi più che mai. È il momento di mettersi in discussione, ridefinire canoni e norme, e soprattutto rimanere uniti. Ci troviamo qui questa sera perché crediamo che una corretta comunicazione della filiera zootecnica possa essere determinante nella formazione di consumatori informati e consapevoli, perché abbiamo a cuore il grande patrimonio zootecnico e gastronomico della nostra tradizione».
Il punto di vista dell’Europa lo ha illustrato l’Onorevole Paolo De Castro, membro della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo e Relatore della proposta Legislativa sulla Riforma delle IG. «L’agroalimentare e il settore delle carni rappresentano un anello fondamentale per la nostra economia, non solo per l’indotto che garantisce, anche in termini di posti di lavoro, ma prima ancora per il ruolo indispensabile all’equilibrio dell’ambiente e delle risorse agricole e zootecniche. Un unicum insostituibile che purtroppo, però, spesso viene sempre più frequentemente minacciato da una controinformazione dilagante. Un esempio tra i tanti che voglio ricordare, ma solo in ordine di tempo, il tentativo di far passare gli allevamenti come fonte di inquinamento alla stregua delle emissioni gassose industriali. Un attacco che si è tradotto in una proposta di direttiva presentata dalla Commissione Ue che noi, dati alla mano, siamo riusciti a bloccare».
Al suo secondo anno di partecipazione come relatore, Denis Pantini, Responsabile Business Unit Agrifood e Wine Monitor presso Nomisma, che parlando di numeri e qualità, ha messo in luce la sofferenza del mercato negli ultimi quattro anni, causata dalla pandemia e dal conflitto russo-ucraino, con un’inflazione dilagante che ha impattato sulle abitudini di consumo e sul sentiment in Italia e in Europa. Nonostante il settore delle carni in Italia venga valutato a 24,7 miliardi di euro e si classifichi al primo posto della produzione agricola nazionale, contando oltre 62.000 occupati, «ci troviamo ancora in uno scenario pieno di incertezze, che pare ben lontano dal risolversi in tempi brevi. Scendendo nel dettaglio del mercato della carne – un prodotto alimentare che ha risentito di un sensibile aumento nei costi di produzione in particolare collegati a mangimi e consumi energetici – l’inflazione che ne è derivata a valle ha portato, tra le altre cose, all’”effetto sostituzione” delle carni rosse a favore di quelle bianche, meno costose».
«Nonostante ciò – prosegue Pantini – nei criteri di acquisto di prodotti alimentari da parte degli italiani, la qualità figura sempre ai primi posti a differenza degli altri paesi europei: anche in questo momento dove i consumatori sono costretti a “tirare la cinghia”, le strategie messe in campo per risparmiare tendono sempre a non pregiudicare i livelli qualitativi della spesa. Nel caso della carne, oggi il requisito della qualità richiesto dal consumatore trova declinazione principalmente in tre concetti: tracciabilità, sostenibilità ambientale e sociale, benessere animale. Ed ecco che l’unione della filiera diventa un requisito fondamentale per garantire al consumatore gli standard di qualità che richiede in questo complesso periodo».
Ad offrire il punto di vista dell’UNICEB – l’Unione Italiana della Filiera delle Carni che cura e tutela gli interessi della filiera delle carni, dall’allevamento del bestiame sino alla trasformazione e commercializzazione delle carni e dei prodotti – Clara Fossato, Segretaria Generale dell’organizzazione. «In UNICEB rintracciamo come primo tra gli strumenti per rilanciare il comparto la corretta informazione sul valore della carne. Riteniamo infatti che sia fondamentale lanciare una campagna nazionale di promozione e comunicazione che finalmente narri da un punto di vista autorevole e terzo, i risultati straordinari ottenuti dalle nostre filiere che in questi anni hanno fatto tesoro anche delle critiche giunte dal mondo ambientalista e animalista. Guardiamo all’incidenza delle emissioni di gas metano ridotte negli ultimi 50 anni del 40%; ai progressi realizzati sul piano etico dalle filiere in tema di benessere animale; alla trasformazione degli scarti in risorse energetiche per la loro utilizzazione nella produzione di biogas e biometano. È tempo di raccontare quei valori positivi che hanno sempre caratterizzato la filiera e quelli acquisiti negli ultimi anni attraverso grandi sforzi di ammodernamento e sostenibilità da parte dell’intero comparto».
Non poteva mancare il tema estremamente dibattuto del benessere animale all’interno della filiera, affrontato da Mirco Pellizzer, Medico Veterinario con laurea specialistica in Sanità e qualità dei prodotti di origine animale e Specializzazione in Alimentazione Animale. Pellizzer ha rintracciato nel rispetto dei principi del benessere animale la chiave per ottenere un prodotto di alta qualità. «Nei prossimi anni si parlerà molto di biosicurezza, cioè di tutti quei sistemi che consentono di ridurre o eliminare il rischio di introduzione, sviluppo e diffusione di malattie in allevamento, e di conseguenza che contribuiscono a ridurre l’uso di farmaci e antibiotici. Un altro trend in ascesa è quello della comunicazione e della formazione, dagli operatori del settore fino al consumatore: l’unico modo per far percepire cosa ci sia dietro ad una bistecca – il duro lavoro, l’esperienza, il monitoraggio e la messa a punto di sistemi tutt’altro che facili – e farne percepire di conseguenza la sua qualità, è parlarne, parlarne bene e far comprendere la qualità non come un concetto astratto, ma concreto e tangibile».
Comunicatore e Coordinatore Master in Marketing e Comunicazione IED Torino, Alessandro Bertin ha proposto alcune linee guida per indirizzare la comunicazione della filiera zootecnica: «Il settore della carne bovina costituisce oggi un tema sensibile e delicato a livello di comunicazione, visto il dibattito pubblico sempre più acceso in corso non solo in relazione a scelte alimentari alternative – vegetariani e vegani in testa – ma anche per gli aspetti connessi all’impatto della carne rossa sulla salute umana, al benessere animale e alla sostenibilità generale della filiera. È cruciale oggi far vertere le campagne di comunicazione su temi cari ai consumatori: tracciabilità e qualità, territorialità, trasparenza e apertura all’innovazione. Mediante l’uso strategico della comunicazione, la filiera della carne bovina italiana può e deve continuare a prosperare e a conquistare la fiducia dei consumatori, elemento determinante non solo per sostenere la domanda interna, ma anche per continuare con successo ad esportare l’eccellenza del Made in Italy nel mondo».
Il ruolo cruciale della formazione in un periodo di grande complessità è stato trattato da Paolo Amedeo Garofalo, Direttore nella MEatSCHOOL, Academy dedicata alla formazione, informazione e diffusione della cultura della carne bovina sostenuta da Centro Carni Company. «È in atto un cambio generazionale nei settori strategici della vendita carne, in particolare all’interno delle macellerie tradizionali, nei banchi della grande distribuzione, dove oggi convivono macellai di grande esperienza e nuovi impiegati che si trovano a ricoprire ruoli di responsabilità, senza aver avuto il giusto percorso formativo dei propri predecessori. Questo perché negli anni gli addetti ai lavori hanno forse sottovalutato il problema della carenza di professionalità che si stava pian piano creando, concentrando tutte le attenzioni sul rassicurare il consumatore finale. La strada per avere un tessuto professionale formato e consapevole che diventi il quality ambassador delle carni bovine è lunga e per nulla semplice. Posso però con certezza affermare che è diventato una priorità di tutti far nascere e costruire percorsi formativi per creare le figure professionali di domani». In questo disegno si inserisce la MEatSCHOOL, nata dalla necessità di creare informazione e formazione per coloro che operano o vogliono operare nel settore della carne bovina.