Dal 14 ottobre al 26 novembre 2023,la mostra ospitata dalla Fondazione Cosso nel Castello di Miradolo, è dedicata all’artista a lungo dimenticata e scomparsa da pochi mesi, che ha trasformato la scrittura in segno.
La Fondazione Cosso, che per l’occasione inaugura il nuovo format espositivo atempo, presenta in questa mostra venti opere, tra cui sette mai esposte prima d’ora, provenienti da importanti collezioni private e grazie alla collaborazione con la Galleria P420 di Bologna. La mostra è curata da Roberto Galimberti, con il coordinamento di Paola Eynard e la consulenza iconografica di Enrica Melossi.
Tre i nuclei tematici in dialogo tra loro che tracciano la sequenza dei differenti cicli di lavoro di Irma Blank dalla fine degli anni ’60 al 2023: le opere, realizzate con tecniche differenti – olio su carta trasparente, biro su poliestere su telaio in legno, olio su tela, serigrafia su tela (esemplare unico), pennarello su carta trasparente, china su carta pergamenata, pastello su carta – tre libri d’artista, tra cui UR-BUCH Romanzo Blu, un corpo di fogli di carta velina blu «che rimanda – spiega Irma Blank – a tutto l’inchiostro versato nei secoli e apre all’immensità degli spazi, all’infinito» e la documentazione fotografica e video.
Quattro le sale storiche del Castello di Miradolo che entrano in relazione con le opere esposte, interagendo visivamente tra stratigrafie, decori, affreschi pastello sui soffitti e i segni di un passato che si fa presente. Ogni sala della mostra si lega idealmente alle parole di Irma Blank che ispirano un verbo all’infinito: guardare, fare, ascoltare, andare, la cui definizione, tratta dal Vocabolario Treccani, suggerisce alcune possibili declinazioni e relazioni tra le opere di Irma Blank, la Fondazione Cosso e le sue anime, il Castello di Miradolo e la sua storia.
Le ricerche poetiche di Irma Blank, in oltre cinquant’anni di lavoro, sottendono il tentativo assiduo, costante, tenace, di liberare la scrittura dalla schiavitù del senso, restituendo autonomia al segno puro. La scrittura si relaziona con una inevitabile tensione comunicativa sia quando assume la forma di un testo destinato alla lettura dell’altro, sia quando si fa pagina di diario o appunto personale, in cui l’altro diviene lo scrivente stesso.
L’azione del fermare sulla pagina – e nel tempo – la parola rende il lettore, anche quando è soltanto ipotetico, non unicamente spettatore o fruitore ma interprete e autore della parola stessa. La scrittura asemantica di Irma Blank, come nella definizione di Gillo Dorfles, non esclude il lettore o la lettrice ma cerca, con loro, un dialogo intimo ancora più profondo, di relazione e scoperta. Di ascolto e silenzio.
Fin dagli inizi della sua carriera, l’opera di Irma Blank si struttura per una serie di lavori di un percorso di assoluta coerenza. A partire da un nucleo circoscritto di temi e di domande, ogni ciclo sfuma e si lega a quelli successivi in una progressione fluida e naturale. Carte, fogli, tele, libri sono le superfici su cui si gioca il rapporto tra segno e tempo. Inchiostro, china, penna biro, pastello, acquerello, acrilico, sono gli strumenti attraverso cui i segni occupano queste superfici e le superfici registrano il tempo di un’esistenza attraverso il gesto.
Seppur con modalità e accezioni diverse, il riferimento alla scrittura e allo spazio del libro sono presenti dalle prime serie di lavoro fino ad oggi. Quello che cambia negli anni e tra i diversi cicli di lavori è il carattere e l’intensità di questo rapporto, che oscilla tra il primo riferimento degli Eigenschriften al mimetismo delle Trascrizioni, dal completo astrattismo degli Avant-testo con la loro non-scrittura primordiale, fino alla scrittura babelica dei più recenti Hyper-Text. Le sue ultime opere si intitolano Gehen (andare) perché, come dice l’artista: «siamo sempre dentro il nostro fare, nel tempo».
Immaginare il tempo nel fare è l’ideale legame tra la Fondazione Cosso e l’opera di Irma Blank, la cui scrittura è, insieme, uno specchio interiore e un aprirsi al mondo. Un progetto culturale è, analogamente, ascolto e cura, guardare dentro e guardare fuori, scrivere un pezzetto di una storia con la speranza che questa possa trasformarsi in un ricordo condiviso, al futuro.
L’esposizione è accompagnata da un’inedita installazione sonora a cura del progetto artistico Avant-dernière pensée, dedicata al Concerto in re maggiore per pianoforte e orchestra “per la mano sinistra” di Maurice Ravel che si sviluppa lungo il percorso espositivo. Il Concerto fu commissionato al compositore dal pianista austriaco Paul Wittgenstein, fratello del filosofo Ludwig, che perse il braccio destro nella Prima Guerra Mondiale e che lo eseguì, per la prima volta, a Vienna nel 1931.
Parallelamente alla mostra, poi, si articola il progetto Da un metro in giù: un percorso didattico per i visitatori di tutte le età per imparare, con gli strumenti del gioco, a osservare le opere d’arte e la realtà che ci circonda.