Dal 28 ottobre 2023 al 7 aprile 2024, il Museo Eremitani di Padova propone la mostra Lo
Scatto di Giotto. La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra ‘800 e ‘900. Curata dai
Musei Civici, Biblioteca Civica e Ufficio Patrimonio Mondiale e promossa dall’Assessorato alla
Cultura del Comune di Padova, la mostra ricostruisce attraverso un percorso espositivo
composito la straordinaria fortuna visiva della Cappella degli Scrovegni.
Nota in tutto il mondo per essere il capolavoro assoluto affrescato da Giotto, pochi sanno però
che Cappella degli Scrovegni è stata fra i primi monumenti italiani a essere riprodotto in
fotografia in modo sistematico e puntuale: fu Carlo Naya, uno dei pionieri italiani della
fotografia, a immortalarla per la prima volta nell’estate del 1863, a meno di venticinque anni
dall’invenzione ufficiale di questa tecnologia. Il percorso espositivo de Lo scatto di Giotto parte
dalle prime riproduzioni degli affreschi giotteschi, in uno scenario in bianco e nero creato grazie
alle rare e preziose lastre fotografiche realizzate da Luigi Borlinetto a partire dal 1883,
patrimonio della Biblioteca Civica di Padova. Queste portano il visitatore a scoprire dettagli poco
noti e punti di vista inconsueti, restituendo all’osservatore contemporaneo l’esperienza di un
visitatore della seconda metà dell’Ottocento.
La mostra si affaccia poi al Novecento attraverso le celebri campagne fotografiche Alinari e
di Domenico Anderson, il cui valore si intreccia con quello dell’editoria d’arte e di divulgazione.
Sarà proprio grazie alle campagne fotografiche della Casa Editrice Alinari di Firenze che le
immagini di Cappella degli Scrovegni verranno inserite nei cataloghi d’arte a partire dal 1906 e
faranno il giro del mondo grazie alle edizioni tradotte in lingua inglese e francese.
Ad Alinari si deve anche la prima campagna di fotografie della Cappella degli Scrovegni a colori:
siamo nel 1952 e il capolavoro di Giotto è già diventato soggetto di un’opera cinematografica.
Nel 1938 il giovanissimo regista Luciano Emmer realizza il primo film sulla Cappella degli
Scrovegni: Racconto da un affresco. Girato in 35 mm utilizzando una vecchia macchina da
presa Pathé del 1913 e una truka artigianale, utilizzata per realizzare animazioni, riprese
speciali, effetti particolari, Emmer eseguì lo storyboard disegnando a carboncino sulle fotografie
e riprendendo poi fotogramma per fotogramma, ammettendo che “il film su Giotto può essere
considerato il primo film neorealista italiano perché a ben vedere le pareti della cappella degli
Scrovegni sono di fatto una specie di storyboard: mi sono limitato a filmarlo”. Più tardi anche
Pier Paolo Pasolini fece suo il capolavoro di Giotto, utilizzandolo esplicitamente nelle scene
del Decameron del 1971.
L’affascinante immaginario della Cappella degli Scrovegni sviluppatosi nel corso dei secoli è
anche tema delle più avanzate tecnologie di riproduzione fotografica. La mostra invita infatti
l’osservatore anche ad immergersi nella ricostruzione digitale del capolavoro di Giotto,
concretizzando in un’esperienza nuova la proposta più innovativa avanzata da Giotto nel
quattordicesimo secolo: che l’osservatore potesse entrare nel racconto che egli stesso aveva
realizzato, così come fra Ottocento e Novecento avevano già fatto quanti si dedicarono alla
riproduzione dei suoi affreschi.
La mostra, che resterà aperta fino al 7 aprile 2024, è realizzata grazie al contributo della
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e di AcegasApsAmga S.p.A. in
collaborazione con Scripta Maneant Editori, FSkyway Monte Bianco,actorcoop S.p.A., Emilro Service e con il
patrocinio di Commissione Nazionale Italiana UNESCO, Ministero della Cultura, ICOMOS,
ICCROM.