Dal 30 novembre, dopo sette settimane di chiusura, questa importante istituzione dedicata all’arte ha finalmente riaperto al pubblico, anche con un concerto pianistico su musiche di Schubert, parte di un ciclo musicale che terminerà il 20 giugno del 2024.
Con la riapertura del Tel Aviv Museum of Arts, anche le mostre si caricano di ulteriori significati e, riaccogliendo i primi visitatori, il museo ha rivolto simbolicamente un invito a tornare al salvifico contatto diretto con l’arte, guardando con occhi nuovi e da più prospettive le mostre, così come nuovo è inevitabilmente lo sguardo sul Paese in relazione al drammatico cambiamento subito, avvenuto in seguito ai traumatici eventi che hanno creato un doloroso spartiacque tra prima e dopo il 7 ottobre.
La regista Tania Coen-Uzzielli: “L’arte ha un potere unico di riflettere le complessità e di suscitare una coscienza critica anche in tempi di crisi. A volte, ha persino un potere profetico. L’ingresso al Museo, attraverso la piazza ora chiamata “Square of the Abducted and Missing” – spazio carico e saturo di tristezza ma anche di speranza – segna una connessione diretta tra il suo interno e l’esterno. Le porte del Museo si aprono verso la piazza e i suoi abitanti, e ora anche le gallerie sono aperte al pubblico. Vi invito a vivere un’esperienza che non è scollegata dalla nostra realtà e che offre conforto, contemplazione e ispirazione. Secondo l’artista francese Edgar Degas, “L’arte non è ciò che l’artista vede, ma ciò che fa vedere agli altri“.
Il ritorno al Museo è ricco di suggestioni e visioni come la riflessione sulla creatività artistica all’ombra di una realtà opprimente, insita nell’esposizione delle opere di Ilya & Emilia Kabakov, o l’avvicinamento all’èthos del Kippur nella mostra di Amos Gitai. Evocative e pregne di significati anche le opere di Material Imagination: The Center of Gravity, che parte dalla storia dell’arte israeliana come narrazione cronologica che corre parallela alla storia nazionale, e di Mouthful di Roni Taharlev, che mette in crisi la percezione di fronte al corpo femminile potente e vulnerabile e che riporta alla ricerca della voce umana e alla sua riscoperta.
La posizione del Museo di Tel Aviv, nel cuore della città, lo rende un luogo chiave per la comunità e la città, senza soluzione di continuità con la piazza di cui è fulcro. Questo importante luogo fa da specchio alla città e riflette la società israeliana in tutte le sue complesse e bellissime sfumature. Anche quando gli spazi interni era chiusi, quelli esterni, con la sua iconica e potente architettura, erano costantemente in dialogo con l’area circostante e la città, accompagnando la quotidianità di chi si trovata ad attraversare la piazza. Finalmente, da ieri, è possibile tornare a ristabilire un prezioso contatto anche con l’interno.