Dal 1 agosto al 15 settembre 2024, Farsettiarte, che quest’anno festeggia 60 anni di attività a Cortina, propone con questa mostra una selezione di opere del periodo in cui questi autori resero grande la tradizione della pittura italiana a Parigi, la capitale dell’arte della nuova era veloce, eccentrica e tecnologica quando per ogni artista o scrittore da Modigliani e Picasso ad Arthur Miller ed Ernest Hemingway vivere a Parigi significava essere anche “heureux comme Dieu en France”.
All’inizio del XX secolo, irrompono sulla scena artistica di Parigi,ette italiani: sono Les Italiens de Paris. Il gruppo è composto da Massimo Campigli, Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, René Paresce, Alberto Savinio, Gino Severini e Mario Tozzi. Insieme costituiscono una delle punte più avanzate della sperimentazione pittorica e iconografica in Europa tra le due guerre. La loro esperienza insieme è breve: dal 1928, con la prima mostra nel foyer di un teatro, al 1933. Ma alcuni di loro sono a Parigi dall’inizio del secolo. Poi la crisi economica e politica alla metà degli anni Trenta li costringe a rientrare nell’Italia del fascismo. L’ultima mostra, il canto del cigno, sarà a Firenze nel 1942 con un testo di Alberto Savinio.
Les Italiens come li chiamano i francesi e come loro si fanno chiamare anche in Italia formano una compagine eterogenea votata a un nuovo classicismo e propongono una pittura come pura immaginazione sulla via indicata da de Chirico con la metafisica. Sono “Sognatori svegli”, le loro tele sono una nuova mitologia contemporanea, che tiene conto delle inquietudini e dei turbamenti dell’uomo del XX secolo.
Nei primi anni del secolo scorso da Montmartre gli artisti si spostano a Montparnasse, dove cenano alla Closerie des Lilas con i poeti: Guillaume Apollinaire, Paul Fort, Max Jacob e un giovane Alberto Savinio che non teme le performance sonore alle Soirées de Paris la meta dei giovani talenti provenienti da tutto il mondo. Ci sono altri “metechi” (così sono chiamati gli stranieri dai parigini): Chagall, Brancusi, Mirò, Dalì, Juan Gris, Diego Rivera e Frida Kahlo; i dadaisti di Tristan Tzara, più tardi i surrealisti di André Breton. E nel 1919 arriva la giovane Antonietta Raphaȅl, nella città dove domina Joséphine Baker ed esordisce Edith Piaf.
Negli anni folli Parigi è una tappa obbligata per gli artisti. Gino Severini arriva nel 1906, con lui c’è solo Modigliani. Giorgio de Chirico arriva per la prima volta nell’estate afosa del 1911 e prima di lui nell’inverno dell’anno precedente è arrivato Andrea. De Chirico tornerà nel 1924 e vedrà nascere il Surrealismo di André Breton. Filippo de Pisis arriva a Parigi nel 1925.
Massimo Campigli, Mario Tozzi e René Paresce sono pittori che scrivono. Campigli è corrispondente per “Il Corriere della Sera”, Tozzi è arrivato dopo la guerra per sposarsi con Marie Terèse, ma diventa l’organizzatore del gruppo. Renato Paresce è a Parigi invece dal 1912. È fisico, pittore e giornalista. Abbandona la scienza per l’arte, ma non il giornalismo. A Parigi Renato diventa René, cambia idee politiche e visione del mondo.
La mostra racconta la straordinaria storia di questi pittori visionari, non fuoriusciti, ma grandi italiani consapevoli della loro tradizione e decisi a farsi notare nella Parigi degli anni folli: dalla prima mostra nel 1928 nel foyer del teatro Louis Jouvet agli Champs-Elysées in poi Les Italiens mostreranno al pubblico internazionale come la loro diversità tutta mediterranea sia una ricchezza: gli artisti a Parigi sono pronti a riconoscerli.
Questa mostra è l’occasione per confrontare temi e iconografie, evidenziare gli aspetti comuni tra le opere de Les Italiens. Emergono in queste tele la ricchezza eterogenea, l’eclettismo dei soggetti sia metafisici sia onirici, mediterranei, classici, rivisitati da ogni singolo autore. Temi che catturano l’attenzione di Léonce Rosenberg che vorrà alcuni di loro per le pareti della sua casa a Parigi oggi in parte conservati al Museo delle Regole a Cortina, che collabora a questa mostra e che, quest’anno, celebra i 50 anni della Collezione Rimoldi. Verrà infatti sviluppato un collegamento tra le opere esposte in galleria e alcune di quelle presenti al Museo delle Regole, una sorta di percorso ideale che si svilupperà nelle due sedi fornendo ai visitatori un’ampia, ma puntuale ricostruzione di ciò che Les Italiens de Paris hanno rappresentato.
La mostra è anche l’occasione per tornare a riflettere su Les Italiens e la politica culturale italiana negli anni venti e trenta oggi ancora molto attuale. Da Parigi (senza mai abbandonare del tutto la loro patria) attraggono l’attenzione del regime, che li corteggia e li riconosce fin dall’inizio utili alla propaganda culturale. Sono sostenuti dall’apparato delle mostre sindacali organizzate dallo scultore Antonio Maraini e da Margherita Sarfatti, il primo critico d’arte donna in Europa, impegnata a promuovere la sua idea di arte del Novecento. Les Italiens partecipano alle mostre sindacali del Novecento Italiano, sono sostenuti dal critico d’arte polacco Waldermar George, che nel 1930 li presenta alla Biennale di Venezia. Nel 1933 Les Italiens – oramai all’epilogo della vicenda parigina – saranno protagonisti alla Triennale di Milano che ridà i muri ai pittori come ai tempi del Rinascimento. Si inaugura la stagione degli interventi voluti dal regime per affrescare le pareti dei luoghi pubblici. È il canto del cigno per gli Italiani, costretti a lasciare Parigi a causa della crisi economica. Le mostre itineranti continuano ma l’epilogo è già avvenuto il 22 settembre del 1933, quando all’inaugurazione alla Galerie Charpentier Antonio Maraini, segretario del Sindacato Nazionale degli artisti, ha sancito ufficialmente il nuovo inquadramento voluto da Roma.