Nel 2024 il Museo Civico Archeologico del Settore Musei Civici Bologna celebra un’importante ricorrenza: il trentesimo anniversario del riallestimento della Sezione Egizia. Originariamente esposta al primo piano del museo, la collezione composta da circa 3.500 oggetti di straordinario valore storico-archeologico – tra le più significative in Italia e in Europa – è stata trasferita nel 1994 al piano interrato creando un percorso di visita cronologico e tematico per mostrare lo sviluppo dell’arte e della civiltà Egiziana dall’Antico Regno all’Epoca Tarda.
All’interno delle iniziative dedicate al trentennale del progetto di revisione dell’intero assetto espositivo della collezione egiziana, la rassegna Il Medagliere si rivela, volta a far conoscere al grande pubblico la ricchissima raccolta numismatica di proprietà del Museo Civico Archeologico di Bologna, presenta per il suo quarto appuntamento una vetrina tematica con una ventina di medaglie realizzate tra il XV e il XIX secolo, le cui iconografie testimoniano il lascito e la permanenza della civiltà egizia nella cultura occidentale.
L’esposizione L’antico Egitto nelle medaglie del Museo Archeologico di Bologna. Suggestioni culturali e sopravvivenze, a cura di Paola Giovetti, Laura Marchesini e Daniela Picchi, è liberamente fruibile nell’atrio del museo dal 18 settembre al 16 dicembre 2024.
Nelle due giornate di sabato 28 settembre alle ore 10.30, nell’ambito delle Giornate Europee del Patrimonio 2024, e giovedì 10 ottobre alle ore 16.00 sarà offerto al pubblico un incontro con Laura Marchesini, numismatica del museo, che si soffermerà sugli aspetti più interessanti degli oggetti esposti.
La civiltà egizia suscita da sempre grande interesse, fin da quando i Romani conquistarono l’Egitto rimanendo affascinati dalla ricchezza, magnificenza artistica e sapienziale della terra del Nilo.
Durante il Rinascimento nasce un forte interesse per l’Egitto, la cui conoscenza era prevalentemente indiretta e per lo più basata sui testi greci e latini. La difficile comprensione di quella cultura e dei geroglifici, interpretati come simboli figurati, fece ritenere l’Egitto un luogo di sapienza profonda e dissimulata, destinata a una cerchia ristretta di savi.
A queste istanze culturali sono riconducibili le tre medaglie rinascimentali esposte, nei cui emblemi compaiono elementi egittizzanti caricati di significati misteriosi che rendono, ancora oggi, non univoca l’interpretazione delle iconografie. Quella dedicata al celebre umanista Leon Battista Alberti raffigura un occhio alato e circondato da fiammelle, ispirato all’occhio risanato del dio egizio Horo (udjat) e all’occhio onnisciente di dio; quella per il condottiero Francesco Gonzaga II raffigura un emblema con piramide la cui interpretazione potrebbe trovarsi negli Hieroglyphica, il testo più importante dell’epoca consacrato all’interpretazione dei geroglifici, scritto da Pierio Valeriano. A quest’ultimo è dedicata la terza medaglia che omaggia il suo importante lavoro di raccolta e collazione del sapere antico.
Con lo spirito della Controriforma alla Chiesa viene chiesto di prendere le distanze dal neopaganesimo del periodo precedente. Tuttavia i lavori di ammodernamento e di riassetto urbanistico della Capitale della cristianità portano alla luce numeroso materiale archeologico tra cui anche reperti egizi giunti durante l’età imperiale. Il desiderio di riscattare alla cristianità questi simboli dell’idolatria agli dei antichi è alla base delle celebri erezioni degli obelischi sotto il pontificato di Sisto V. A queste colossali imprese di elevazione dei monoliti sono dedicate quattro medaglie esposte.
Il Seicento eredita l’impiego degli obelischi nel riassetto urbanistico dell’urbe, ponendo particolare cura all’estetica, nel pieno spirito barocco. Alcuni degli esemplari esposti celebrano questa nuova istanza: l’erezione dell’obelisco domizianeo sulla fontana dei Quattro Fiumi, o il nuovo assetto di Piazza del Popolo che nel monolite, proveniente dal Circo Massimo, trova il nuovo punto focale e prospettico.
Rinnovato interesse assumono anche le piramidi, per lo più ignote nelle loro fattezze e dimensioni reali, che si ispiravano al locale modello del mausoleo di Gaio Cestio a Roma. Quest’ultimo è ripreso in alcune medaglie, dove il significato simbolico di fermezza e incorruttibilità attribuito alla piramide viene riconosciuto per traslazione anche all’effigiato, come nel caso del cantante Farinelli e Filippo M. Guadagni al servizio dei Medici.
Tra la fine del Settecento e l’Ottocento l’Egitto vive un momento di rinvigorito interesse, legato alle campagne napoleoniche di conquista del paese. Assieme alle truppe militari viaggiava un’equipe di scienziati, storici e letterati, tra i quali il celebre artista e archeologo francese Dominique Vivant Denon (ricordato in una rara medaglia esposta), che ebbero l’importante compito di documentare l’antica civiltà egizia, facendola conoscere all’Europa intera.
L’incontro diretto con l’Egitto influenzò l’arte europea, compresa la medaglistica, che durante questa felice stagione toccò vette di raffinata eleganza ed inventiva, contribuendo essa stessa alla diffusione di quella cultura.
Celebratissima dalla medaglistica è l’occupazione dell’Egitto da parte del Bonaparte. Nell’esemplare dedicato alla presa dell’Alto Egitto al dritto è raffigurato Napoleone che indossa il nemes, copricapo del faraone. Mentre due statue della dea Sekhmet, che l’esploratore e avventuriero Giovanni Battista Belzoni donò alla città di Padova, compaiono sulla medaglia dedicata a lui e alle sue scoperte, compiute per conto del governo britannico, nella terra del Nilo.
Chiude la breve rassegna un raffinato esemplare d’argento, emesso per l’inaugurazione nel 1839 del Museo Gregoriano Egizio in Vaticano, dove nel ristretto spazio del tondello si vede la prospettiva del vestibolo e della sala dei monumenti. L’allestimento, all’avanguardia per l’epoca, voleva valorizzare i reperti egizi di collezione e quelli rinvenuti sul territorio.
Info: www.museibologna.it/archeologico