A pochi giorni dalla solenne apertura dell’Anno Santo, il Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede annuncia il suo programma d’arte contemporanea, che vuole mettere al centro della riflessione il rapporto tra ispirazione creativa e gli elementi fondamentali del grande evento spirituale che caratterizzerà per il nuovo anno il cammino della Chiesa Universale, partendo dalla Speranza, concetto al quale principalmente richiama Papa Francesco nella bolla d’indizione del Giubileo 2025, Spes non confundit.
In continuità con il progetto del Padiglione della Santa Sede, legato al tema dei diritti umani e alla figura degli ultimi, che il Dicastero ha presentato alla 60°. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, si è scelto di iniziare il programma d’arte continuando il percorso all’interno delle carceri, con nuove collaborazioni e interventi artistici.
Il Giubileo avrà inizio la veglia di Natale, con l’apertura della Porta Santa in San Pietro da parte di Papa Francesco. A seguire, secondo il calendario stabilito, si apriranno le altre Porte Sante a Roma e nel mondo; emblematica sarà la seconda Porta Santa che Papa Francesco aprirà il 26 dicembre presso il carcere romano di Rebibbia.
Ad accompagnare questo gesto ci sarà il primo dei progetti che il Cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, presenta oggi nella conferenza stampa presso la Sala Stampa Vaticana.
L’arte contemporanea in carcere la sfida della speranza
Sua Eminenza il Cardinal José Tolentino de Mendonça spiega come «l’importante è credere tutti che la trasformazione – la nostra e quella del mondo – sia possibile. Anche se è ardua e dolorosa, è possibile. Quando guardiamo e ci lasciamo guardare come fratelli, avviene questo grande miracolo che è la comune tessitura della speranza».
Il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, attraverso le parole del Capo Dipartimento Giovanni Russo, esprime grande felicità per questo nuovi progetti condivisi con la Santa Sede: “Prosegue la proficua collaborazione avviata da tempo fra Santa Sede e Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) in vista del Giubileo 2025. Abbiamo risposto con entusiasmo e con un grandissimo sforzo organizzativo alla volontà del Santo Padre di spalancare, anche nelle nostre carceri, le porte della Speranza e della Provvidenza, a partire da quella Santa, che Lui stesso aprirà il prossimo 26 dicembre nella Casa circondariale di Roma Rebibbia. Sarà per tutti – persone detenute, personale, operatori e volontari – un momento di comunione e preghiera per vivere al meglio il tempo di grazia del Giubileo. Con la Santa Sede abbiamo programmato altre importanti iniziative, anche di particolare pregio artistico, che presto coinvolgeranno le persone e la realtà di altri istituti penitenziari, a partire da quella che nei prossimi mesi sarà realizzata in collaborazione con la Casa circondariale di Regina Coeli”.
A Rebibbia, in occasione dell’apertura della seconda Porta Santa, Il Dicastero, con la curatela di Cristiana Perrella, ha invitato l’artista Marinella Senatore a realizzare un progetto site specific di arte partecipata: l’opera Io contengo moltitudini, una struttura verticale autoportante, alta circa 6 metri e dal diametro di circa 3 metri, composta da luminarie ed elementi che riportano frasi in diverse lingue e dialetti. Tali frasi sono state scelte tra quelle scritte da detenuti della sezione maschile e femminile in seguito ad un workshop per circa 60 partecipanti, in cui l’artista e la curatrice hanno presentato il progetto, raccontando senso e obiettivi dell’installazione e introducendo il tema del Giubileo 2025, la Speranza.
L’opera sarà installata nel piazzale antistante la chiesa della Casa circondariale di Roma Rebibbia, a partire dal 21 dicembre, e resterà allestita fino alla metà di febbraio, visibile ai detenuti e a tutta la comunità dell’Istituto Penitenziario.
Come afferma Marinella Senatore, “Io Contengo Moltitudini è un’istallazione luminosa creata in collaborazione con la comunità di Rebibbia. Nella sua forma, si presenta come una struttura verticale che evoca le macchine usate nei fuochi d’artificio delle festività barocche romane. Nella mia pratica le opere sono innanzitutto esperienze condivise e trasformative, riflesso del mio impegno continuo nella partecipazione attiva e nella collaborazione collettiva. Le frasi selezionate, raccolte insieme ai membri della comunità, sono espressioni potenti di speranza e si intrecciano in una narrazione comune attraverso cui l’opera diventa un luogo di incontro e condivisione. Le luminarie, ispirate alle tradizioni popolari del Sud Italia e realizzate in collaborazione con artigiani locali, diventano architetture effimere che creano occasioni di incontro e partecipazione. La luce ha la capacità di trasformare un luogo in uno spazio speciale dove possano accadere cose speciali.”
Cristiana Perrella sarà anche la curatrice per il 2025 del programma del nuovo spazio espositivo denominato “Conciliazione 5”. Lo spazio, una finestra aperta 24 ore su 24 su via della Conciliazione all’interno del quale gli artisti invitati interverranno, dialogando poi anche con altri spazi di prossimità, permetterà a tutti i pellegrini di ammirare le opere esposte.
Il primo artista chiamato ad aprire “Conciliazione 5” sarà Yan Pei-Ming, famoso per i suoi intensi ritratti di grandi dimensioni. Realizzerà un corpus di nuovi lavori sul carcere di Regina Coeli che verrà svelato in occasione del Giubileo degli Artisti (15-18 febbraio 2025).
“È un grande onore e un grande felicità per me – afferma Cristiana Perrella – aver ricevuto l’incarico di curare, durante il Giubileo, un progetto come questo, che nasce da una piena fiducia nell’arte e nella sua possibilità di misurarsi sui grandi temi del presente in modo libero e profondo, generando cambiamento. L’arte, infatti, sollecita un modo differente di vedere e capire le cose, sfidando le convenzioni e generando nuove domande, nuovi pensieri e dunque aprendo a una possibilità di trasformazione. La decisione di proseguire, con i primi due progetti a me affidati, il lavoro sul carcere iniziato con il Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia è un segno chiaro da parte della committenza di questa fiducia. L’arte è chiamata di nuovo a dare voce agli invisibili, a chi vive ai margini della società e a far aprire gli occhi su un tema urgente– molto caro a Papa Francesco- che oggi non ha spazio nel dibattito pubblico e su cui c’è poca disponibilità all’ascolto. Entrambi i progetti nascono dalla collaborazione attiva con la comunità del carcere, non solo detenuti e detenute ma anche chi nel carcere lavora. Ringrazio per questa possibilità il DAP e per la grande apertura di spirito e disponibilità le direttrici dei tre istituti con cui abbiamo lavorato.”
Il Cardinal de Mendonça sottolinea come “alle volte l’arte vien considerata un lusso destinato al godimento di pochi. Invece l’arte porta in sé un desiderio più grande: vuole pensare e specchiare la condizione umana di tutti; vuole sorprendere per la sua straordinaria capacità di interessarsi di tutto quello che è umano. Per questo, sono importantissime le esperienze che portano la produzione artistica contemporanea in luoghi sensibili dell’esistenza, dove si toccano con mano le nude domande. Le carceri sono luoghi così. L’arte può essere voce e volto dei drammi che rimangono di solito invisibili e può rendere le società più consapevoli della loro altissima responsabilità, che è sempre una responsabilità che ci obbliga ad una cittadinanza attiva e condivisa».
Proprio per questo il linguaggio dell’arte accompagnerà durante il Giubileo i detenuti e le comunità delle carceri con un ulteriore progetto: Le porte della Speranza. In analogia con la porta artistica realizzata a Rebibbia, in diverse carceri in Italia e nel mondo saranno aperte alcune Porte della Speranza, installazioni affidate ad altrettanti artisti di fama internazionale che in dialogo e in collaborazione con i detenuti realizzeranno queste opere da collocare fuori dai penitenziari, visibili in questo modo alla città e offerte non solo agli appassionati d’arte ma all’opinione pubblica.
L’intento è ancora una volta quello di approfondire il dialogo, fecondo e promettente, tra la realtà del carcere e il mondo dell’arte contemporanea; obiettivo del progetto è incoraggiare e sostenere le esperienze che accompagnano i detenuti a vivere in modo riabilitativo la permanenza nei penitenziari, preparandosi al rientro nella società. Ma è altrettanto urgente un secondo scopo, la conversione culturale e spirituale, dei cuori e dello sguardo, che la società ha sul carcere, da considerare sempre più come luogo di riabilitazione e non di punizione.
Davide Rampello, curatore artistico del progetto, coadiuvato dalla direzione artistica affidata alla Rampello & Partners, afferma che “Il carcere è a volte considerato un luogo abbandonato dalla speranza: luogo dis-sperato. Aprire ai valori della speranza la ragione, il cuore è indicare una meta, riproporre un progetto di vita. Vogliamo affidare questo delicatissimo compito alla sensibilità, alla cura di artisti che condivideranno con noi questa missione, affinché ne facciano movimento, manifesto, affinché la forza del vero, del giusto, del buono, del bello diventi opera d’arte, concreta bellezza. Baudrillard amava interpretare la concretezza come la forza di una comunità che crede. Cum-credendo, carcerati e noi tutti, renderemo la speranza cum-creta e la bellezza avrà la forza d’evolvere il nostro sentimento permettendo al nostro sguardo di potersi nutrire anche di questa virtù.”