Al CARMI un’esposizione, curata da Marco Ciampolini ed Emanuela Ferretti, racconta la vicenda progettuale del Memoriale in onore di Michelangelo, promosso nei primi anni Settanta, che vide impegnato l’architetto Giovanni Michelucci.
Celebrazione antiretorica del rapporto Michelucci (dell’artista con Carrara, il progetto è stato elaborato fra il 1972 e il 1975 da Giovanni Michelucci 1891-1990), figura di assoluto rilievo dell’architettura del Novecento. La proposta del maestro pistoiese – fra architettura e scultura, memoria e trasferimento di saperi, celebrazione delle maestranze carraresi e valorizzazione delle cave– si sarebbe dovuta arricchire con il coinvolgimento dello scultore Henry Moore (1898-1986), presenza significativa nell’area apuana fin dagli anni Cinquanta.
Raccontare un sogno ambizioso e immaginifico, che nasce a Carrara nel poliedrico contesto culturale degli anni sessanta-settanta, permette di far conoscere al grande pubblico una grandiosa idea, testimonianza di un significativo momento storico per la città e il suo territorio. Tale progetto, concepito in una prospettiva rivolta al futuro e segnato da un dialogo serrato tra arte, architettura e scienza, può costituire ancora oggi una preziosa occasione di riflessione per il presente.
Seppur irrealizzato, il Memoriale a Michelangelo è stato il culmine di iniziative che si avviano in occasione del quarto centenario della morte del Buonarroti (1964) e si dipanano fino al 1975 (ricorrenza del quinto centenario della nascita dell’artista), proiettando Carrara in uno scenario internazionale.
La narrazione espositiva si snoda su tre nuclei tematici, individuati dalla professoressa Emanuela Ferretti: lo sviluppo dell’idea iniziale di un ‘monumento’ a Michelangelo da parte del Circolo Arturo Dazzi e del suo presidente Pierantonio Balli (1904-1987); la genesi e il percorso progettuale del Memoriale a Michelangelo di Michelucci, in tutte le sue articolazioni; la focalizzazione, con materiali inediti, sulla grande mostra antologica di Moore al Forte Belvedere (1972), come tassello evocativo del contesto di riferimento.
Attraverso importanti prestiti, in particolare di opere mai presentate al pubblico, la mostra restituisce l’articolata e pluriennale evoluzione del progetto, mettendo anche in evidenza connessioni inedite fra gli elaborati grafici di Michelucci (di cui è in mostra una selezione significativa degli oltre 150 disegni realizzati, insieme al plastico del progetto) e le opere del Buonarroti, a testimoniare la ravvicinata e fertile riflessione dell’architetto sull’eredità del maestro. In questo senso spicca la presenza del Dio Fluviale di Michelangelo nei disegni di studio di Michelucci (icona della mostra), che rivela il riconoscimento da parte dell’architetto del consolidato valore didattico della scultura acquisito nei secoli. Tale nesso è evocato dall’inserimento in mostra del modello dell’opera michelangiolesca, appositamente realizzato in occasione del suo recente restauro (2017-2018).
Il viscerale rapporto tra Michelangelo e il marmo carrarese così come il senso del sublime dello scenario apuano sono motivi di ispirazione per Michelucci, e risuonano vibranti nelle forme del progetto. Il marmo e la sua vitalità si rivelano nelle loro valenze ispiratrici attraverso una selezione di foto d’arte inedite scattate da Ilario Bessi (1903-1986), che è stato testimone diretto e partecipe del dipanarsi degli eventi nel corso degli anni.