«Raccontiamo l’Italia del vino grazie ai 200 collaboratori che ci permettono di mappare tutta la Penisola e soprattutto di scoprire nuove aziende in sintonia con la filosofia Slow Food: sono infatti 110 su 1957 le novità che abbiamo inserito in questa 13esima edizione. Grazie a 379 video accessibili con QR Code diamo la possibilità ai nostri lettori di provare l’esperienza di visita dei collaboratori. Filmati che testimoniano il tema principe di quest’anno: il cambiamento climatico e la siccità, cui i viticoltori hanno risposto mettendo in campo la propria esperienza in ordine sparso. Ma non è possibile affidare questa sfida così importante ai produttori, per questo vogliamo fare un appello alle istituzioni affinché sostengano la ricerca scientifica per trovare soluzioni e tecnologie su questi fronti. Tornando alla guida, oltre il 56% delle aziende sono bio a testimoniare non solo una grande consapevolezza dei vignaioli ma anche che il vino bio è buono e si può fare, una intuizione della prima ora della guida con un trend in crescita confermato in queste 13 edizioni. Una segnalazione curiosa è il numero dei Vini quotidiani, cioè quelle etichette di altissima qualità che hanno un ottimo rapporto qualità prezzo: a causa dell’aumento dei costi lungo tutta la filiera infatti questi vini diventano sempre di meno – ha sottolineato Giancarlo Gariglio, curatore della guida Slow Wine e responsabile della Slow Wine Coalition -.Vorrei chiudere ringraziando Fabio Giavedoni, che fino all’anno scorso è stato mio fratello di guida, curando insieme a me il volume. Mentre oggi al mio fianco ci sono i vice curatori Paolo Camozzi, Jonathan Gebser, Federica Randazzo e Gabriele Rosso».
«Nella guida di quest’anno abbiamo ritrovato il tema della rigenerazione, affrontato nelle scorse settimane a Torino durante l’ultima edizione di Terra Madre. Lo ritroviamo grazie ai tanti vignaioli che lavorano la propria terra a 360 gradi, con una visione multifunzionale e moderna dell’azienda» ha dichiarato Federico Varazi, vice presidente Slow Food Italia.
Il dibattito sui disciplinati e le commissioni di assaggio
La presentazione è stata anche l’occasione per avviare un dibattito molto attuale che riguarda da un lato il rigetto, da parte delle commissioni di assaggio che assegnano le Doc e le Docg, di buonissimi vini che hanno caratteristiche stilistiche non perfettamente aderenti al disciplinare. Dall’altro la scelta, sempre più diffusa da parte di alcuni produttori di vini di qualità, di rinunciare a prescindere alle Doc e Docg, per promuovere il proprio vino come Igt, se non come vino da tavola.
«Il rischio è l’omologazione stilistica. Senza dubbio il lavoro della commissione è quello di garantire la sicurezza e la qualità dei vini, ma l’impostazione è figlia degli anni ’80 quando oggettivamente i vini non erano buoni come oggi – ricorda Angelo Peretti, direttore del Consorzio Chiaretto e Bardolino, la cui soluzione proposta è triplice -: formare maggiormente le commissioni di assaggio, far entrare più vignaioli nelle commissioni, allargare al massimo i parametri per accogliere più differenze stilistiche e valorizzare le identità».
«Come assaggiatori cerchiamo la differenza sia nel territorio che nello stile. La diversità è una ricchezza per la denominazione che i produttori e i consorzi stessi devono promuovere» gli fa eco il giornalista Jacopo Cossater.
«L’80% dei vini esportati al di fuori dell’Unione europea è a denominazione di origine. Il valore delle Doc e delle Docg è quindi molto alto ed è importante mantenerle ma svecchiandole, lasciando una maggiore libertà ai produttori e assegnando loro, come nel modello francese, una maggiore responsabilità. È fondamentale anche avviare un più celere adattamento delle denominazioni anche perché il cambiamento climatico porterà a modificare la gestione delle aziende vitivinicole» ha messo in evidenza Matilde Poggi, presidente della Confederazione europea vignaioli indipendenti. «Siamo molto preoccupati del passaggio delle competenze sulle denominazioni dalla Commissione agricoltura all’ufficio europeo che si occupa delle proprietà intellettuali. Questo vuol dire che le Doc saranno considerate come marchi privati ma così non è e non può essere, perché le Doc e le Docg sono beni collettivi che difendono interessi collettivi e che devono avere un forte collegamento con l’agricoltura e le pratiche agronomiche del territorio e invece con questo passaggio le denominazioni saranno gestite da chi di agricoltura non sa assolutamente niente» conclude Poggi.
Durante la presentazione sono stati consegnati i tre Premi Slow Wine.
Il Premio al giovane vignaiolo è stato consegnato a Gloria Mayr, della cantina Nusserhof – Heinrich Mayr di Bolzano (Alto Adige), da Edoardo Biella, amministratore S.Bernardo.
Gloria Mayr rappresenta la nuova generazione della cantina Nusserhof, un baluardo della resistenza all’urbanizzazione e all’omologazione dei vini e dei gusti. Dopo diverse esperienze in Toscana, Francia e Germania, nel 2018 è tornata a casa con la consapevolezza che il percorso intrapreso anni prima dalla sua famiglia era molto più illuminato di quanto potesse immaginare. Forte di questa convinzione, oggi collabora in grande armonia con il padre e si sta impegnando per la massima tutela del suolo, affinché rimanga fertile e vivo, e delle varietà autoctone altoatesine, che vede come alleate di una viticoltura sostenibile. In cantina lavora con sicurezza e sensibilità e ha un’esemplare confidenza con l’attesa – caratteristica non comune ai più giovani – e con le gratificazioni che il tempo da a chi se lo concede..
Il Premio per la viticoltura sostenibile è stato assegnato alla Cantina Possa, di Rio Maggiore (Liguria), da Noemi Rossi e Alessandro Talloru dell’Area Manager Italia di Bormioli Rocco.
Nel 2004 Heydi iniziò giovanissimo a fare il vignaiolo nelle sue amate Cinque Terre, una zona di struggente bellezza ma anche molto ardua da coltivare dove tutte le vigne poggiano su muretti a secco posti a picco sul mare. Qui non è possibile affidarsi alla meccanizzazione, e il nostro vignaiolo fin da subito decise di non affidarsi alle scorciatoie messe a disposizione dalla chimica come il diserbante o i fitofarmaci. In più ha recuperato molte parcelle che erano state invase dagli arbusti, rifacendo personalmente centinaia di metri di muretti che versavano in stato totale di abbandono. Ora trascorsi meno di vent’anni Bonanini non solo si è affermato come vignaiolo dalla grandissima sensibilità agronomica ma anche dal punto di vista strettamente enologico ci ha stupito e deliziato con etichette dalla fortissima personalità e qualità.
Il premio alla carriera è stato consegnato a Emidio Pepe della cantina omonima, di Torano Nuovo (Abruzzo), da Lucio Berta, Head of Brand Communication and Social Media di Reale Mutua.
Dal 1964 Emidio Pepe porta avanti con ostinata convinzione un modello agricolo radicato nella più pura tradizione contadina abruzzese, fondato sul rispetto della terra, la salvaguardia della biodiversità e una artigianalità nella lavorazione senza compromessi. La delicata cura per il suo mestiere l’ha reso immune alle mode, mentre la grande lungimiranza lo fa da sempre diffidare delle scorciatoie, soprattutto quelle chimiche. Convinto dell’immenso potenziale dei vitigni locali e della necessaria attenzione alla vita e alla fertilità del suolo ha fatto conoscere al mondo l’eccellenza del Trebbiano e Montepulciano d’Abruzzo con i suoi vini di carattere unico e forte senso del luogo, capaci di sfidare gli anni come pochi altri.
Alla presentazione hanno partecipato Federico Gordini, presidente della Milano Wine Week, di cui la degustazione della guida Slow Wine è il più importante tasting dell’evento milanese, e Luigi Terzago, presidente Fisar che ha evidenziato come quello del vino buono, pulito e giusto è un impegno che abbiamo tutti quanti, a partire dal nostri sommelier, anche grazie al confronto con Slow Food.