Guidata dallo chef Daniele Citeroni Maurizi e ospitata in un antico edificio nel centro del borgo medievale di Offida, Osteria Ophis ci porta in un viaggio culinario di un territorio poco conosciuto ma ricchissimo di eccellenze gastronomiche tra i sapori della tradizione picena
Ophis è l’antico nome di Offida, uno dei “Borghi più belli d’Italia”, situato nell’entroterra marchigiano, a circa 25 chilometri da Ascoli Piceno. Una dichiarazione di intenti, dunque, quella di Daniele Citeroni Maurizi, chef e titolare dell’Osteria Ophis e offidano Doc, la cui proposta gastronomica si basa su ricette storiche della zona, reinterpretate con un twist moderno e secondo l’estro dello chef.
Coerente con questo mood anche il concept architettonico dell’osteria, che mixa la tradizione locale con lo stile e il comfort moderni: trova infatti casa in un antico palazzo nobiliare di fine Settecento, Palazzo Alessandrini, situato proprio nel cuore del borgo medievale di Offida, di cui sono stati lasciati intatti i tratti caratteristici, come le alte volte a botte e i mattoni a vista, con la suggestiva cantina ospitata nella grotta che una volta fungeva da stalla.
Il fatto di contare solo diciotto posti a sedere consente allo chef e alla sua brigata di coccolare ogni ospite con la dovuta attenzione, conducendolo in quello che è un viaggio sensoriale all’interno del panorama gastronomico piceno.
“Osteria Ophis non ha fornitori, ma solo produttori che ci forniscono direttamente la materia prima”, tiene a sottolineare Daniele Citeroni Maurizi. Tutti gli ingredienti utilizzati in cucina provengono infatti da realtà selezionate, quando è possibile ubicate sul territorio, ma anche in altre zone d’Italia, in un concetto che trascende il “chilometro zero” per concentrarsi innanzitutto sulla qualità degli ingredienti. Le erbe spontanee, le misticanze ed eventuali fiori eduli vengono invece coltivati direttamente in un orto a pochi chilometri dal paese, che è stato battezzato #leterrediscè, in onore del suo proprietario, il signor Ascienzio, nonno di Daniele Citeroni Maurizi. Qui lo chef e la sua brigata si divertono a intraprendere piccoli esperimenti di orticultura, che, se ben riusciti, spesso fanno portare avanti su più larga scala a uno dei loro produttori.
Ne risultano un menù à la carte e uno degustazione – che cambia a cadenza bimestrale – creativi ed esteticamente moderni, ma allo stesso tempo intrisi di sapori locali, di ricordi personali e familiari, ma capaci di trovare comunque riscontro nella memoria gustativa di ognuno di noi. Nella proposta à la carte spiccano alcuni piatti diventati ormai cult, come “Cornetto e cappuccino”, che delizia gli ospiti dell’osteria ormai da 15 anni: un cornetto salato ripieno di ciauscolo e caciotta vaccina, da intingere tassativamente in una tazza di crema di parmigiano calda e spuma di parmigiano freddo. E poi “Galatina e giardiniera” tra le proposte più longeve, con i suoi 22 anni di permanenza sul menù, amatissima rivisitazione del classico antipasto in gelatina tipico del centro Italia. Tra i primi e i secondi la scelta spazia tra i cannelloni alla brace, gli spaghettoni con ragù di quinto quarto e maggiorana, fino al piccione, piatto ora salito alla ribalta nei menù fine dining, che in realtà da queste parti costituisce da sempre una tradizionale ricetta popolare della domenica e che qui viene rigorosamente utilizzato in tutte le sue parti. Giocare con la creatività e divertirsi con gli ingredienti, pur rispettandoli il più possibile e utilizzandoli interamente, in un’ottica antispreco, è infatti una condizione essenziale per Daniele Citeroni Maurizi.
Il menù degustazione, che include 8 portate, come dicevamo, cambia circa ogni due mesi, ma si apre con una costante: i cosiddetti “Benvenuti”, una sorta di preludio che riassume in sei bocconi i piatti più tipici della provincia picena: dall’oliva all’ascolana ricostruita in gelatina, alla frittata in trippa, al pancotto rivisitato, ai ceci in porchetta. Anche tra i dolci figura qualche apprezzatissimo “veterano”, presente in carta da anni, e anche in questo caso lo chef non perde occasione per far conoscere ai suoi avventori un po’ della sua Offida. Tra i suoi dessert più iconici, infatti, c’è la sua rivisitazione del funghetto offidano, un dolcetto di tradizione popolare a base di acqua, farina, zucchero e semi di anice, che oggi in paese viene preparato solamente in quattro punti vendita. La (golosissima) versione di Osteria Ophis prevede una croccate forma esterna a base di meringa, farcita con crema di anice verde di Castignano – presidio slow food-, che racchiude un cucchiaino di gelato all’Anisetta Meletti, il liquore più rappresentativo della provincia di Ascoli Piceno.
La carta dei vini comprende circa 160 etichette, circa il 60 per cento di provenienza regionale e il restante nazionale, tutte frutto di una scelta non scontata e molto personale dello chef e dei suoi collaboratori, per cui la coerenza con i propri valori e le proprie idee resta fondamentale nella gestione di tutto il progetto.
Osteria Ophis proprio grazie vision coerente e mai scontata e al sapiente connubio tra la matrice culinaria locale e il gusto contemporaneo, ha conquistato per il quarto anno consecutivo una menzione nella prestigiosa guida Michelin Bib Gourmand, dal 2015 è insignita della chiocciola, massimo riconoscimento della guida di Slowfood Osterie d’Italia ed è tra le trattorie meritevoli di tre gamberi per la guida Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso.