Un palinsesto di quattro appuntamenti di due giorni ciascuno (venerdì e sabato), focalizzati sul tema dell’ascolto, inteso come metafora di relazione e comprensione di sé e dell’altro: è IF ONLY WE HAD EARS, il corpo più ampio del Public Program del Padiglione Italia alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
Ispirandosi alla celebre frase del musicista e teorico John Cage “Music is everywhere, if we only had ears”, il programma a cura di Luca Cerizza in collaborazione con Gaia Martino prevede una serie di incontri con ospiti italiani e internazionali articolati in diversi appuntamenti negli spazi del Padiglione Italia. Focalizzato su alcuni temi centrali per il lavoro di Massimo Bartolini e per il progetto del Padiglione Italia, IF ONLY WE HAD EARS – che avrà luogo nei mesi di maggio, giugno, luglio e settembre nel Giardino delle Vergini adiacente al Padiglione – si declina attraverso diversi format: conferenze, conversazioni e performance musicali sono accompagnate da momenti laboratoriali espressamente dedicati alle classi di Arti Visive di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti e Università Iuav di Venezia, protagoniste di una collaborazione con il Padiglione Italia per la ricerca e la didattica.
Il 17 e 18 maggio apre il ciclo Politica dell’ascolto (ascoltare in relazione), appuntamento con cui si intende evidenziare come l’atto di ascoltare, in quanto pratica sostanzialmente sociale e relazionale, possa diventare impegno che si innesta nell’ambiente della vita quotidiana, nello spazio pubblico e privato. Invitando chi ascolta a entrare in relazione con gli altri e il contesto che li circonda, l’attenzione si sposta dalle grandi narrazioni verso tante micro narrazioni differenti, che risuonano da prospettive multiple di corpi diversi, grazie agli interventi di Piersandra Di Matteo, Haytham El-Wardany, Brandon LaBelle, Valentina Magaletti, Pedro Oliveira e Amalia Rossi.
Si inizia venerdì 17 maggio alle ore 15.00 con The Labour of Listening, talk dello scrittore e traduttore Haytham El-Wardany che si concentra sul coinvolgimento attivo di ciascuna persona all’interno di un mondo sonoro legato sempre a un contesto storico, linguistico, geografico e identitario specifici. Un’esperienza di “sintonizzazione”, un “ascoltare” che non significa soltanto percepire i suoni, ma che implica soprattutto un impegno alla relazione e una nuova consapevolezza della propria posizione nel mondo. A seguire, alle ore 16.00 l’antropologa Amalia Rossi parla di Etnografia sensoriale e ricerca attivista nell’arte pubblica e in antropologia, conducendo il pubblico in un breve viaggio nella teoria e nella pratica dell’etnografia sensoriale, per discutere alcune delle possibilità rivelate da questo approccio nel documentare le lotte locali e globali degli ultimi decenni. Chiude la giornata il talk di Piersandra Di Matteo, alle ore 17.00, dal titolo Fabulazione critica e immaginario vocale, in cui la scrittrice e drammaturga, a partire da una ricerca all’interno dei “buchi” degli archivi della storiografia ufficiale, ricostruisce alcune storie “impossibili” del passato attraverso dispositivi finzionali di esperienze artistiche che interpellano voci incarnate e le loro tradizioni orali.
Il programma prosegue nel pomeriggio di sabato 18 maggio. Alle ore 15.00 si tiene il talk Sounding a Livable Life condotto da Brandon LaBelle, artista, scrittore e teorico che riflette sulla necessità di comprendere la propria posizione non neutrale nei confronti della società, manifestata dall’individuo non soltanto attraverso l’atto di prendere parola, ma anche tramite quello del prestare ascolto. In questo senso, l’acustica si configura come una questione intimamente politica, uno spazio necessario per concepire nuovi approcci al riconoscimento sociale e alla creazione di mondi collettivi. Successivamente, alle ore 16.00, il talk At the Edge of an Unnatural Boundary, or: some incomplete notes on Transient Methodologies: qui, Pedro Oliveira, musicista e studioso, si concentra sulla figura del “transitorio”, concetto legato sia al suono che al movimento del corpo, andando a definire una natura instabile e mobile del soggetto sonoro. Le sue riflessioni, che ripercorrono un metodo per lo studio del suono e dei media attivato da ciò che definisce come “metodologia transiente”, emergono come strumento analitico della realtà e come impegno nato dagli incontri dell’artista con la lunga storia dell’ascolto tecnico in Germania e dalle storie di migrazione e di esperienza del confine nell’UE.
In continuità con i momenti di pre-apertura della Biennale di Venezia, la due giorni si chiude con una performance musicale dal vivo: Valentina Magaletti propone una performance acustica in cui la sua tecnica versatile incorpora diversi elementi percussivi, dal vibrafono alla batteria. Dispiegando la sua narrazione personale a partire da un approccio queer alla musica, l’artista dà corpo a storie che rifuggono il linguaggio parlato a favore del ritmo, del pulsare, della vibrazione.