Da giovedì 12 al 21 dicembre Sofiya Chotyrbok, artista selezionata per la residenza AAA Atelier Aperti per Artista, aprirà le porte del suo studio per mostrare Does water have a space in water?, l’installazione site-specific ambientale in forma di video-performance dove l’ambiente immersivo dell’opera appare straniante, permeandosi attorno a una fitta trama di riflessioni e ribaltamenti, che ne acuiscono il carattere onirico e destabilizzante. L’acqua è in sé guida e strumento di rappresentazione, nucleo concettuale ed espediente narrativo. Fluente e massiva, nebulizzata ed enigmatica, si fa barriera o aura misteriosa, assumendo i caratteri di baluardo o chimera, capace di penetrare oltre i muri eretti dai confini fisici, spaziali e temporali.
Il lavoro dell’artista – figlia di immigrati ucraini, che a sua volta è giunta in Italia in tenera età – è incentrato sul tema della memoria come materia fluida che il vissuto plasma giorno dopo giorno ma che, al contempo, rappresenta il bagaglio indispensabile per la proiezione di una visione. La domanda che fa dà titolo all’installazione presenta, con uno spirito astratto e universale, il concetto alla base del suo lavoro, riportandolo alla condizione umana e alla costante necessità, comune a tutti, di definire il proprio spazio materiale e psicologico all’interno della società.
Il progetto non potrebbe però avere radici più personali o affettive nella vita di Sofiya Chotyrbok che ha indagato, consumato, sminuzzato e quasi stravolto l’archivio di registrazioni domestiche della sua famiglia: “I miei genitori avevano il bisogno urgente di filmare, senza mai riguardare il materiale racchiuso in quelle piccole videocassette, che in fondo contengono un vissuto come tanti, un vissuto di esseri umani e relazioni, di luoghi e di esperienze, un vissuto di migrazione e speranza. Non ho bisogno di riguardare questo archivio per ricordare ogni scena che vi è impressa, poiché nella mia infanzia queste immagini hanno colmato i vuoti nella distanza fisica con i miei genitori e rinfrancato il debole stelo della mia identità.”
Il lavoro artistico prende quindi spunto dalla ricchezza effimera di questo archivio privato per costruire un ponte filmico capace di comunicare universalmente e scrollarsi di dosso la polvere del tempo passato.
Attraverso la lettura di testi come Materia e memoria di Bergson e La poetica dello spazio di Bachelard, Sofiya Chotyrbok ha arricchito la propria visione, giungendo alla realizzazione che il corpo e la mente non ricordano il tempo e la sua durata, bensì lo spazio.
Attraverso simbolismi, gesti rituali e azioni ripetute, l’installazione ambientale site-specific, nata in forma di video-performance, conduce i visitatori attraverso una riflessione sullo spazio che illustra la relazione tra interiorità ed esteriorità, corpo e mente, spazio pubblico e privato, campo filmico e fuori campo, intimità e condivisione, solitudine e appartenenza.
In questa prospettiva l’acqua diventa al tempo stesso guida e strumento di rappresentazione, nucleo concettuale ed espediente narrativo: la memoria infatti può e deve essere non solo custodita, ma trasmessa come materia viva. I frammenti o, in questo caso, i fermoimmagine, che la compongono sono materia viva, quasi biologica, vanno alimentati e nutriti, accettando il loro carattere mutevole e il continuo bisogno che hanno di riplasmarsi all’interno della mente di ciascuno.
Nella sua complessa totalità, l’opera dell’artista acuisce paradossi e contraddizioni tra due pulsioni profondamente umane: la costruzione di ponti per la conoscenza e di mura per l’arroccamento, frutti del medesimo ingegno progettuale. L’acqua sopravanza questa frattura, fluendo attraverso le crepe di ogni barriera e scavando nuovi passaggi per raggiungere e nutrire ogni lembo di terra.
Casa degli artisti
orario: da martedì alla domenica dalle 12.30 alle 19.00 – chiuso il lunedì