Dal 12 novembre 2021 al 16 gennaio 2022 la Fondazione Palazzo Magnani e la Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto presentano nello spazio espositivo di Palazzo da Mosto a Reggio Emilia la mostra ORIZZONTI DEL CORPO. Arte / Danza / Realtà Virtuale.
Nato dal comune intento delle fondazioni di sperimentare un incontro innovativo tra danza e arti visive, ORIZZONTI DEL CORPOè un progetto inedito che unisce arti visive, performative e tecnologia in un continuo scambio e dialogo moltiplicatore di emozioni: l’arte, con le opere di tredici artisti contemporanei invitati negli spazi di Palazzo da Mosto; la danza, con le MicroDanze ideate da cinque coreografi internazionali; la tecnologia, con strumenti virtuali e immersivi a disposizione dei visitatori per “assistere alle performance” – in scena dal vivo solo nelle giornate di apertura e di chiusura – durante tutta la durata della mostra. Un progetto espositivo in cui la fisicità dei danzatori e la materia dell’arte entrano in relazione in un modo del tutto inedito, innescando una nuova relazione con lo spazio.
“ORIZZONTI DEL CORPO è un progetto molto importante – dichiara l’assessora alla cultura del Comune di Reggio Emilia Annalisa Rabitti – che unisce due grandi realtà della nostra città, Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto e Fondazione Palazzo Magnani, in una collaborazione che consolida l’attitudine alla progettazione transdisciplinare, a conferma della cultura come luogo delle contaminazioni.
Credo sia particolarmente interessante il voler mettere al centro il corpo, in quanto gesto e in quanto punto di partenza per sollecitazioni che scaturiscono dal dialogo con opere d’arte contemporanee. Sono molto felice di questo progetto anche perché ci dà la possibilità di iniziare a diffondere le “MicroDanze”, un’innovativa co-produzione che ha anticipato la riflessione su tanti temi che poi la pandemia ha amplificato, soprattutto sulle relazioni tra corpo, spazio e individualità. Si tratta di un modo performativo di contaminare e avvicinare la Compagnia al pubblico e alla nostra città attraverso il dialogo con l’arte contemporanea, una sorta di motore quotidiano per stimolare il pensiero critico e per consolidare ulteriormente la presenza di Aterballetto a Reggio Emilia”.
Il percorso espositivo, a cura di Marina Dacci, si sviluppa in otto sale dello storico Palazzo da Mosto mettendo in connessione installazioni danzate (le MicroDanze) con una trentina di opere d’arte dei tredici artisti contemporanei invitati. Leonardo Anker Vandal, Bianco-Valente, Fabrizio Cotognini, Antonio Fiorentino, Silvia Giambrone, Gianluca Malgeri, Matteo Montani, Mustafa Sabbagh, Vincenzo Schillaci, Namsal Siedlecki, Sissi e Giovanni Termini sono artisti italiani o che vivono da tempo in Italia: le loro opere, per vocazione e assonanza, sono affiancate da sei MicroDanze di cinque coreografi: Saul Daniele Ardillo, Ina Lesnanowski, Philippe Kratz, Angelin Preljocaj, Diego Tortelli. Si tratta di performance di pochi minuti, per uno o due, tre interpreti, destinate a spazi ristretti e a una fruizione espositiva.
“Non è inusuale l’abbinamento tra danza e arte – sottolinea Marina Dacci, curatrice della parte espositiva – ma in questo progetto si innestano ulteriori nuovi elementi in cui la fisicità dei danzatori e la materia dell’arte si affiancano a una tecnologia virtuale immersiva che consente di affrontare, con strumenti differenti, la prossemica tra danzatore e spettatore. Questo progetto è pensato, fin dall’inizio, come scambio paritetico. L’arte, in questo contesto, non è proposta come “decorazione scenografica” della danza, bensì come elemento arricchente, moltiplicatore di evocazioni e suggestioni che si snoda in un coerente percorso parallelo. Queste reciprocità, fatte di incroci e sovrapposizioni, di molteplici stimoli visivi e sonori, generano risonanze che incoraggiano il visitatore a vivere un’esperienza potente.”
Le MicroDanze saranno presentate dal vivo nel primo e nell’ultimo weekend della mostra, ma durante l’intero periodo sarà possibile farne esperienza attraverso i visori di realtà virtuale, oppure grazie a video, bozzetti ed elementi scenografici. Le sei MicroDanze ospitate a Palazzo da Mosto sono parte di un corpus di tredici performance brevi prodotto dalla Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto, su impulso della Fondazione Palazzo Magnani, affidandole a dodici coreografi nazionali e internazionali, sia giovani che affermati.
La presentazione in prima assoluta di questo corpus è avvenuta ad Atene il 9 e 10 ottobre 2021, nell’ambito del progetto europeo An ideal city, mentre le prime rappresentazioni italiane di alcune microdanze sono previste proprio in occasione della mostra ORIZZONTI DEL CORPO Arte / Danza / Realtà Virtuale a Reggio Emilia, città in cui torneranno per una messa in scena integrale nel corso del 2022.
“MicroDanze è un ambizioso progetto di performance “danzate”. – afferma Gigi Cristoforetti, direttore generale della Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto – inizialmente pensato per una fruizione espositiva. Si è poi evoluto fino all’attuale triplice formato, che guarda tanto all’arte pubblica quanto all’innovazione tecnologica. Alcune MicroDanze saranno perciò ambientate in seguito anche in spazi urbani, e altre sono trasferite in realtà virtuale a 360°. L’obiettivo è di aprirsi a spazi, pubblici, modelli di fruizione e processi creativi completamente nuovi e diversi uno dall’altro. Coreografie non frontali e non rigide, ma permeabili al contesto spaziale, capaci di dialogare con universi disciplinari differenti per promuovere l’intimità tra danzatore e spettatore. Sollecitando un’esperienza emotiva ed estetica tanto varia quanto originale. Stili e mondi espressivi si confrontano e si mescolano in un unico progetto rivolgendosi sia al pubblico dell’arte che a quello dello spettacolo dal vivo.“
“Le sei MicroDanze, – precisa Marina Dacci – così come le opere degli artisti (alcune delle quali realizzate appositamente per questa edizione), si interrogano sulla definizione di identità personale e su quella di spazio vitale. Evocare e saper trattenere le tracce storiche che sono le nostre indispensabili radici mnestiche; portare alla luce contraddizioni e conflitti in chiave critica, innescando processi di evoluzione, talvolta dolorosi ma liberatori che parlano di come siamo e di come potremmo essere. Vivere un soffocamento claustrofobico, ricercare protezione e nuovi equilibri, costruire diverse geografie relazionali che nascono dal rapporto con un paesaggio antropizzato e da uno stile di vita “chiuso” a relazioni fertili con l’ambiente e con gli altri, aprendo riflessioni sul come viviamo e dove vorremmo stare. Tutto il progetto, dunque, è orientato a tracciare le complesse connessioni che ci attraversano: dalla spiritualità alla ritualità, dalla mitologia alla storia, dai cortocircuiti sociali e ambientali in cui il corpo, reale o sotteso, è impegnato nel suo tentativo di evolvere, di cercare nuovi spazi fisici e psichici, abbracciando la trasformazione come elemento catartico. Per quanto varie siano le espressioni e gli approcci presentati nella coreutica e nell’arte, è il processo di nascita, affrancamento e rigenerazione che sta alla base di tutte queste mise en acte, pregne di un senso di ineffabile mistero.”