Nasce Mitù, colorato, divertente, informale ma elegante,un ristorante piacevole, dall’atmosfera familiare dove gustare una cucina ricercata, di qualità, identitaria e capace di dare vigore a ogni tipo di piatto e ingrediente, risaltandone il lato esotico e l’autenticità.
L’idea di Mitù nasce alla fine del 2019 da 4 amici, Ivan Corboda ex difensore dell’Inter e della nazionale colombiana e ora dirigente sportivo del Venezia, Andres Cordoba, fratello di Ivan e architetto dello studio milanese MA2A, Luca Monica, uno dei più importanti manager del mondo Food and Beverage e Filippo Ingraffia avvocato e fondatore dello studio legale IlaLex, uniti da ideali comuni, dalla passione per il mondo della ristorazione e dell’ospitalità. Nasce così Mitù, non un semplice ristorante, ma una porta d’ingresso per entrare, attraverso il cibo, le atmosfere e gli arredi, nel vero spirito colombiano.
Mitù è infatti la capitale del dipartimento del Vaupès. Un nome scelto non a caso. È al confine con il Brasile, destinazione ideale da cui partire per immergersi nella profondità della foresta amazzonica, luogo magico la cui anima è rappresentata dal giaguaro, il più grande carnivoro del Centro e Sud America, presente anche nel logo del ristorante. Mitù è anche il desiderio di Ivan Cordoba, nato e cresciuto in Colombia, ma che dal 2000 vive in Italia e che desidera compartire con il paese che l’ha adottato le meraviglie della sua terra natia. Da qui la scelta di affidare la consulenza per la parte food ad Alvaro Clavijo, del ristorante El Chato di Bogotà, tra gli chef più rinomati della Colombia, settimo nella classifica dei Latin America’s 50best.
Mitù è stato realizzato dallo studio MA2A, nella figura di Andres Cordoba. Ricavato da un ex magazzino e situato in via Panfilo Castaldi, in uno dei quartieri più caratteristici di Milano, il locale di 250 mq, si snoda in un percorso minimale e sensoriale, tutto da scoprire. L’ospite viene accolto in una zona ingresso con cucina a vista, dove può ammirare un affresco che rappresenta un paesaggio tipico della foresta amazzonica. Dal bancone bar può iniziare il suo viaggio alla scoperta dei sapori e dei profumi colombiani degustando i cocktail, per poi proseguire nella zona principale, cuore del locale, nel patio con giardino verticale e piante di sottobosco a una parete, o nella sala privé.
Tutto si ispira alla Colombia, ogni oggetto narra una storia e concorre a creare un’atmosfera densa, avvolgente che caratterizza questo locale dai colori che si ispirano alla natura, ai fiori, agli animali e alla terra in una sinfonia di gialli, marroni, arancioni che scaldano e ne fanno un ambiente accogliente e allegro. Un luogo di pura meraviglia e un pizzico di follia. Le pareti sono vestite con maschere tipiche dei carnevali locali e con ceste che ricordano come le donne locali siano solite portare i frutti della terra, mentre le ceramiche dipinte a mano provengono da Antioquia. Gli arredi, appositamente realizzati da artigiani colombiani, vedono l’utilizzo di legno di mogano e materiali La luce è un altro elemento importante del ristorante: tenue, diffusa dalle lampade in paglia anch’esse provenienti dalla Colombia, che accarezza e sembra filtrata dalla vegetazione, una sensazione che si può percepire nella foresta amazzonica.
Alvaro Clavijo, colombiano doc, è l’artefice della creazione dei piatti, insieme a Jose Narbona Rodriguez, spagnolo, lo chef resident, perfetto interprete della proposta gastronomica colombiana. Da Mitù, tutto è preparato in casa, a partire dal pane. Piatti giocosi, belli da vedere, mai banali, dove la materia prima di qualità è al centro di tutto. Gli ingredienti arrivano in parte dal Sudamerica, soprattutto frutta e verdura, che caratterizzano al meglio lo stile e identificano la filosofia della cucina, e in parte dai migliori produttori italiani. Al ristorante il comune denominatore è la convivialità. Sedersi per condividere il gusto del cibo più vero e concreto, attraverso un menu completo che invita l’ospite a fare un viaggio in un paese lontano, moderno, rigoroso, capace di divertirsi in modo responsabile e che restituisce un’altra faccia della Colombia.
Si comincia con “Scopri la Colombia”, una piccola degustazione di antipasti della tradizione, si passa poi ai “Piattini” piccole tapas di vario genere per stuzzicare l’appetito, si continua poi con gli “Antipasti” e le “Specialità”, piatti unici a base di pesce, come il Patarashca, pescato cotto in foglia di banano, okra e salsa di chontaduro o carne come l’Entrana, riduzione di frijoles, papa criolla e aji di guatila e huacatay o il Solomillo con reducción de frijoles ajÌ de guatila y huacatay e per finire i “Dolci”. Ricette tradizionali, tipiche, reinterpretate dalle mani dello chef senza nessuna pretesa di stravolgimento, ma nel pieno rispetto dell’originale. Piatti e salse talvolta insoliti ma che ben raccontano l’anima del paese. Un esempio? L’Ajiaco, una zuppa a base di patate, pannocchie, pollo molto popolare e tra le più amate del paese. È anche il piatto tradizionale della vigilia di Natale. Una zuppa che riscalda il cuore condivisa in caratteristiche ciotole di terracotta nera.
Il menù cambia 4 volte l’anno, è quindi stagionale e legato alla reperibilità delle migliori materie prime del momento.
Tra i signature dishes: Granadilla, leche de tigre e anacardi, l’Empanada di pulled pork e aji di tomate de arbol, Ceviche di pescato del giorno, avocado, e Guatila, tamal con platano maduro e finferli.
Ad accompagnare la proposta gastronomica, una carta dei vini contemporanea, che da spazio non solo alle grandi maison, ma ricerca anche cantine emergenti di alto livello e con un occhio molto attento al mondo dei vini naturali. Bianchi, rosati e rossi provenienti dalle migliori aziende vinicole italiane, spumanti e champagne, i migliori vini del Sud America, vini dalla Spagna, Francia e alcune chicche di altri paesi europei. Non mancano gli spirits, le birre e i cocktails realizzati dalla bartender Myriam Riboldi.
La sala può contenere fino a un massimo di 60 coperti, compreso il cocktail bar. Il servizio è curato dal restaurant manager e sommelier Andrea Beccaceci.